(Teleborsa) - Il Brent fatica a muoversi oltre i 57 dollari al barile dal suo rally dello scorso novembre quando è aumentato di 10,10 dollari a barile.
Il mercato si è fatto “piatto come un pancake” come ha detto il CFO di
BP, Brian Gilvary. Le scorte commerciali nei
paesi OCSE sono ancora 280 milioni di barili al di sopra della loro media a cinque anni.
Secondo
Erasmo Rodriguez – Energy and utilities equity analyst,
Union Bancaire Privée (UBP), "il
bilanciamento del mercato del petrolio potrebbe essere ulteriormente ritardato se l’offerta globale dovesse aumentare fortemente quest’anno". L’apparente incapacità del mercato del greggio di uscire dal livello attuale è spiegato dai "rischi che stanno emergendo dal lato dell’offerta", che in questa fase è caratterizzata
da due principali driver: una
pressione al rialzo proveniente dai tagli alla produzione dell’OPEC e una
pressione al ribasso che è il risultato della
recente ripresa della produzione di greggio in America.
A gennaio, la produzione dei paesi produttori di petrolio, ha raggiunto i 32,2 milioni di barili al giorno, 1,84 milioni (di barili al giorno) in meno rispetto ai dati di novembre. "Se si dovesse mantenere il livello di disciplina che si è avuto a gennaio fra i membri dell’OPEC, la differenza fra la domanda globale e l’offerta dovrebbe ridurre le scorte di più di 0,5 milioni di barili al giorno", spiegano da UBP.
Nonostante ciò, tutto questo dipende da cosa succederà con la
produzione non OPEC, per la quale "c’è una
aspettativa di aumento nel prossimo anno di più di 0,7 milioni di barili al giorno in Brasile, Canada e Stati Uniti". Tuttavia, "l’offerta dovrebbe in realtà scendere negli altri paesi non appartenenti al Cartello la produzione complessiva del gruppo dovrebbe quindi aumentare di solo 0,4 milioni di barili al giorno nel 2017 (dati della International Energy Agency).