(Teleborsa) - Sembra proprio che
Polonia e Ungheria non abbiano alcuna intenzione di fare retromarcia sul veto alla clausola che riguarda lo
stato di diritto che, di fatto, ha congelato anche i fondi in arrivo
dall'Europa, con
l'Italia - più che interessata - alla
finestra.
E' sempre più concreto, insomma, il
rischio che il
tesoretto "monstre", pari complessivamente a circa 1.800 miliardi, debba restare in panchina ancora per un po’, specie se nel Consiglio europeo, in programma il prossimo 18 dicembre i capi di Stato e di Governo non dovessero trovare la quadra per uscire dalle
sabbie mobili in cui è finito per colpa del veto imposto dai due Paesi che non accettano che l’erogazione dei fondi sia subordinata a quello che è un principio fondante dell’Europa.
In concreto, Il meccanismo prevede che se uno degli Stati membri dovesse violare i
principi base condivisi, si possa decretare la sospensione degli aiuti con voto a
maggioranza, mentre Polonia e Ungheria chiedono l’unanimità.
Nelle scorse ore, infatti, i due premier hanno dichiarato congiuntamente che non hanno alcuna intenzione di fare
retromarcia. Mateusz Morawiecki e Viktor Orban hanno proposto di "facilitare la veloce adozione del pacchetto finanziario" che comprende Bilancio europeo e Recovery fund, "stabilendo un
processo a due binari". Ovvero: da un lato
"limitando il campo di applicazione di qualsiasi condizionalità aggiuntiva di bilancio alla protezione degli interessi finanziari dell’Ue, secondo le conclusioni di luglio", e dall’altro hanno chiesto di parlare, al Consiglio europeo, della possibilità "di stabilire un collegamento tra
stato di diritto e interessi finanziari dell’Ue".