(Teleborsa) - "
Generali non deve essere di proprietà di alcuni, di alcune famiglie. Le
Generali sono
un bene comune e di tutti, e quindi ci vuole una governance da public company". Lo ha affermato l'amministratore delegato
Philippe Donnet durante la Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario e finanziario. "Alcuni avevano visione diversa - ha detto in riferimento all'assemblea che ha eletto il nuovo CdA - ma in modo molto netto e senza nessuna ambiguità gli azionisti hanno fatto una scelta. Quindi andiamo avanti su questa strada, è la strada giusta perché le
Generali non saranno di proprietà di alcuni".
Rispondendo a una domanda che gli chiedeva di potenziali pericoli dalla Francia per l'italianità della compagnia, l'AD ha risposto: "Da 9 anni sulla stampa italiana ho letto questa cosa dei francesi, è
un'invenzione, non c'è interesse di società francesi. Ogni tanto viene strumentalizzato per motivi che non mi interessano. Una minaccia c'è stata cinque anni fa ed è stata una minaccia nata in questo paese. Spesso
i pericoli per le Generali non vengono da fuori, ma da questo paese, dall'Italia".
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Tutti gli azionisti sono ugualmente importanti e il mio interlocutore è il consiglio di amministrazione, che rappresenta tutti - ha detto in un altro passaggio - Non faccio distinzione tra azionista straniero "cattivo" e azionista italiano "buono"".
In merito all'attività degli agenti, Donnet ha affermato in modo netto il suo pensiero: "
Non sono un difensore del pluri-mandato, perché secondo me si fa confusione tra concorrenza e pluri-mandato. Sono un difensore dell'esclusività perché penso che sia una soluzione migliore e più conveniente per il cliente. Fin quando ci sono più compagnie e autorità, c'è però giusta concorrenza e le compagnie possono competere per offrire le migliori condizioni all'assicurato. Il
miglior sistema di distribuzione dell'assicurazione è il sistema
per agenti, ma per agenti esclusivi".
"Non c'è
nessuna ipotesi di aggregazione con
Unicredit", ha risposto a una precisa domanda sul tema. "Non c'è nessun progetto e nessuna ipotesi - ha chiarito - e non rientra nella nostra strategia". Un'integrazione "non ha senso perché stiamo parlando di due cose diverse, di due business differenti, che indebolirebbe entrambe". "È vero che abbiamo
Banca Generali - ha detto ai parlamentari - ma è una società di Wealth Management e non c'entra niente con una banca".
"In Italia vogliamo crescere in modo organico, perché
non c’è più motivo di fare altre aggregazioni in Italia - ha spiegato - Vogliamo integrare nel modo giusto
Cattolica, rispettando l'identità di cattolica, sviluppando ulteriormente la presenza di Cattolica sul territorio di Verona. Vedo solo impatti positivi nell'integrazione di Cattolica per i prossimi anni".
Rispetto all'importante operazione di acquisizione, ha specificato che "quello che conta è che sia
un buon affare per tutti gli stakeholder: per gli azionisti di Generali, per azionisti di Cattolica, per agenti e dipendenti di Cattolica, per il territorio di Verona. Abbiamo un'ossessione per dare benefici a tutti gli stakeholder, perché altrimenti le cose non funzionano. Faremo
sinergie, ma nel rispetto delle persone, dell'occupazione e del territorio".