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Alimentazione, studio BCG: -90% di impatto ambientale per unità nutrizionale con farine fortificate

Economia
Alimentazione, studio BCG: -90% di impatto ambientale per unità nutrizionale con farine fortificate
(Teleborsa) - Ogni giorno consumiamo cibi a base di cereali raffinati (grano, riso e mais) che subiscono un processo di lavorazione che li rende più digeribili, dal gusto più appetibile e più facili da lavorare negli impasti. Dall'avvento dei mulini industrializzati nel XIX secolo, infatti, è diventato facile ed economico rimuovere la crusca e setacciare il germe di grano e mais, rendendo questi grani più stabili e più economici anche per il consumatore finale.

Inoltre, il modo in cui vengono prodotti i cereali oggi, ha un inevitabile impatto sull'ambiente. Lo studio di Boston Consulting Group (BCG) The Whole Truth About Whole Grains rileva che le emissioni di CO2 derivate dalla produzione di cereali nel mondo sono maggiori di tutte le emissioni di CO2 di Russia, Brasile e Germania messe insieme. La produzione di cereali genera minori emissioni di CO2 per tonnellata rispetto alla produzione di carne, pur determinando il maggiore impatto ambientale tra tutte le colture alimentari. Se pensiamo che nei Paesi a basso e medio reddito i grani costituiscono oltre il 50% delle calorie consumate, si comprende come il problema possa diventare notevole anche da un punto di vista climatico.

“Migliorare il profilo nutrizionale di quello che mangiamo è un’opportunità. Migliorarne il profilo di sostenibilità è una necessità. Nel mondo delle farine – e quindi di una fetta enorme di prodotti food – c’è spazio per fare entrambe le cose in contemporanea.” Spiega Antonio Faraldi, Managing Director e Partner di BCG. “Fortificare le farine è un’opzione interessante: molto chiara e certamente percorribile. La vera svolta però ce l’avremo quando sul mercato degli ingredienti arriveranno farine che vanno oltre: attributi funzionali superiori e un ridotto impatto sull’ambiente non bastano. Il cibo deve essere buono e, anche nelle fasce premium, accessibile alla maggior parte dei consumatori. Il “Sacro Graal” in questo senso sarebbe avere farine in grado di dare un contributo anche su queste due dimensioni e quindi di abilitare una vera e propria democraticizzazione del mangiar bene, mangiare sano, con ancora più rispetto per la natura.”

Per dare un’idea di quanto sia pervasivo il consumo di farine di cereali nel nostro Paese, possiamo considerare le vendite attraverso la grande distribuzione di prodotti da forno e di pasta, che coprono più del 20% delle vendite complessive di cibo e bevande. Da non sottovalutare poi, è la moltitudine di esercizi commerciali artigianali: su tutto il territorio nazionale si contano circa 24.000 panifici, 4.000 pastifici, 107.000 pizzerie e 14.000 pasticcerie.

Le attività che operano con la cucina tradizionale italiana creano infatti una domanda molto consistente di grani perlopiù raffinati, per un totale di circa 7.7 milioni di tonnellate di farine e semole, di cui 5 milioni di tonnellate destinate alla produzione industriale, 2.4 milioni di tonnellate destinate ai canali artigianali e 300.000 tonnellate acquistate direttamente dai consumatori.




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