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La sovranità perduta e una politica evaporata

Siamo di fronte al collasso della politica a favore della forza che finisce sempre in dramma

Giacomo Leopardi nello "Zibaldone" nel 1820 scriveva: "Se noi dobbiamo risvegliarci una volta e riprendere lo spirito di nazione, il primo nostro moto dev'essere, non la superbia e la stima delle nostre cose presenti, ma la vergogna" (Leopardi, vol. II, pag. 228).

Se ci guardiamo con onestà non possiamo che provare quel sentimento descritto che è la storia melodrammatica di un grande paese di individualisti e geni che ha contribuito alla costruzione della civiltà occidentale, ma che non ha saputo costruirsi come casa comune; l'instabilità dell'Europa è lo specchio delle asimmetrie che minano alla base un senso di governance lasciato ad una burocrazia ottusa e iperprolifica di norme spesso irrealizzabili, ma non a quella politica promossa dai suoi padri fondatori che, oggi, si rivoltano nella tomba.

Il paese oggi sta vivendo una drammatica crisi d'identità tra una dominanza esterna che sembra volere dominare e governare i suoi processi decisionali, lesiva della sua sovranità per lasciare spazio ad una politica evaporata senza pensiero, creatività ed autorevolezza. Non vi è nemmeno quella minima traccia di orgoglio e dignità che consente di tenere alta la testa come l'aveva tenuta De Gasperi quando era andato a negoziare in condizioni di grande debolezza, la sopravvivenza della nazione con i vincitori.

Siamo alla fine di un ciclo storico che ha travolto un modello socioculturale in cui le conflittualità vanno assumendo sempre più connotazioni primitive, ciniche e feroci, ritornano drammaticamente gli orrori delle guerre e si subisce la dominanza di un pensiero unico che non accetta compromessi ma solo la ricerca di una suicida onnipotenza. La crisi del nostro tempo ha sovvertito l'ordine dei valori e delle priorità innalzando prima l'economia e poi la finanza come verità incontrovertibili anche di fronte all'evidenza della realtà che ne dimostra l'infondatezza scientifica. La cultura del nostro tempo ha creato povertà, disuguaglianza, degrado morale, disoccupazione, lo sfaldamento della società e della famiglia, l'individualismo più sfrenato che normalizza la corruzione e i comportamenti illeciti eppure non ci si mette in discussione per gli interessi dominanti. Infine l'attacco del neoliberismo allo stato ed al welfare ha separato la ricchezza dai paesi ed il potere dalla politica che ne è diventata un ancella da guidare; una politica debole e priva di idee e di pensiero che trova la legittimazione nella capitalizzazione della paura e nei nemici visibili ed invisibili da creare in continuazione ed in funzione degli interessi dominanti.
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