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MES, un vecchio robottino

Meglio lasciarlo in cantina che ricaricarlo per noia


Inutilmente, in occasione della epidemia di COVID, il management del MES ha cercato di trovare una nuova ragione di vita, proponendo un "prestito sanitario" per investimenti nel settore ospedaliero, che nessuno Stato ha accettato.

Ha fatto mille volte di più, immediatamente e senza tante remore la BCE, che ha dato corso al PEPP (Pandemic Emergency Purchase Program) immettendo in due anni la stratosferica somma di 1850 miliardi di euro, acquistando titoli pubblici a manetta.

Quando ci sono crisi finanziarie sistemiche in una area interconnessa come quella dell'euro, che si propagano da un Paese all'altro come è successo nel biennio 2010-2012, il sistema di intervento di salvataggio per singolo Paese è del tutto inutile.

Il motivo è semplice: sono le stesse banche degli investitori dell'Eurozona che in caso di pericolo ritirano i fondi dai Paesi in difficoltà.

E' successo con la Grecia, con la Spagna, con l'Italia: appena c'è una tensione sul mercato, si entra in modalità di protezione e si coinvolgono anche i Paesi non direttamente a rischio, creando un vortice.

Non è un caso che Mario Draghi, a Londra nel luglio del 2012, dovette annunciare che avrebbe fatto "Whatever it takes" per salvare l'euro dalle bordate della speculazione: solo i mezzi teoricamente illimitati di creazione di moneta da parte di una Banca centrale può spaventare gli speculatori.

E poi sarebbe lo stesso meccanismo del MES ad innescare le crisi: non appena si sapesse sul mercato che un Paese ha chiesto le misure di aiuto, anche quelle precauzionali, si formerebbe subito la coda degli speculatori, che sanno bene di quante risorse dispone e fanno il tiro al piccione.
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