Quando le Banche centrali decidono di alzare i tassi di interesse, non c'è solo da fare i conti con il maggior onere cui deve andare incontro chi vuole emettere un prestito o prendere del denaro a credito in banca, oppure chi ha in corso un rapporto stipulato a tasso variabile.
Ci sono da
valutare le perdite patrimoniali che penalizzano tutti gli operatori, che siano banche, fondi di investimento o assicurazioni, che hanno in portafoglio titoli acquistati in precedenza per parcheggiare la propria liquidità o per farne trading: questi titoli, che fruttano rendimenti inferiori a quelli di mercato, devono essere svalutati.
Se verranno comunque rimborsati al valore pieno alla loro scadenza da parte dell'emittente, a venderli valgono di meno: e valgono sempre meno a mano a mano che i tassi di mercato salgono.
Non c'è solo la Bundesbank a dover fare i conti con le perdite che derivano da un conto economico in cui deve remunerare a tassi elevati i depositi di liquidità delle banche tedesche, mentre incassa poco o nulla se non va addirittura in perdita sui titoli di Stato che ha comprato durante i Qe. Per sua fortuna, le regole contabili prevedono in via generale che i
titoli che vengono dichiarati come "detenuti fino a scadenza", come è nel caso di quelli acquistati per motivi di politica monetaria, sono esenti dalle variazioni derivanti dagli andamenti del
mark to market. Svalutazioni e rivalutazioni rispetto all'andamento dei titoli sul mercato si applicano solo a quelli detenuti in portafoglio e dichiarati "disponibili per la vendita".
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