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Giorgio Napolitano formalmente sotto accusa

Politica
Giorgio Napolitano formalmente sotto accusa
(Teleborsa) - Giunge al culmine l'attacco sferrato dal Movimento 5 Stelle a Giorgio Napolitano. Oggi i pentastellati hanno formalmente depositato la messa in "stato di accusa" formale verso il Presidente della Repubblica, il cosiddetto "impeachment".

L'istanza dovrebbe concentrarsi sul coinvolgimento di Napolitano nelle trattative Stato-mafia, ma sembra che i grillini presenteranno anche altre motivazioni.

Che il vulcano fosse pronto ad esplodere era nell'aria: due giorni fa era arrivato il "boia" gridato al Capo dello Stato dal deputato Sorial, che ora è indagato per vilipendio.

L'impeachment, termine preso in prestito dalla lingua inglese, si riferisce ad un istituto giuridico "italianissimo" e di vecchia data, dal momento che è presente nella Costituzione fin dal 1946.

A disciplinarlo è l'articolo 90 che recita: "Il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell'esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione. In tali casi è messo in stato di accusa dal Parlamento in seduta comune, a maggioranza assoluta dei suoi membri".
Un tentativo di impeachment famoso fu quello del 1991 ad opera di alcuni partiti all'opposizione contro l'allora Capo dello Stato Francesco Cossiga.

Nel frattempo il M5S ha pubblicato l'esito del sondaggio online nel quale chiedeva quale fosse l'atto più grave che ha compiuto Giorgio Napolitano.
Il 60,9% degli utenti ritiene che sia la distruzione delle intercettazioni tra lui e Nicola Mancino nell'ambito della cosiddetta trattativa Stato-Mafia, mentre secondo il 59,1% l'atto più grave è il suo silenzio quando nel 1997, da Ministro degli Interni, le dichiarazioni di Carmine Schiavone sul disastro criminale e ambientale delle Terre dei fuochi vennero secretate "e lui non fece nulla pur sapendo tutto".
Il 43% ha indicato invece la sua responsabilità del Presidente "in questa marcia forzata, condotta al ritmo dell'austerity", verso gli Stati Uniti, "nel nome della religione delle banche e della spoliazione dei diritti politici di mezzo miliardo di cittadini europei".Il 29,1% segnala infine il fallimento del "SUO" governo delle larghe intese, "poi diventato stretto e infine decimato dalle dimissioni di ministri inadeguati".
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