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Il vaccino italiano per ebola cos'è e come funziona

Il vaccino italiano per ebola cos'è e come funziona
(Teleborsa) - Il vaccino anti-ebola non è solo una sfida scientifica ed una necessità umana, è anche una strada per poter sconfiggere altre e forse più pericolose epidemie. A detta di alcuni esperti, ebola non è il virus più pericoloso mai apparso sulla Terra, non si trasmette per via aerea e, a meno di mutazioni, è per gli scienziati da tenere in considerazione assieme ad altri terribili virus come il cornavirus e l’HIV che producono la SARS e l'AIDS. In Natura, poi, si ritiene che esistano un quantità di virus ancora latenti, che non sono venuti a contatto con l’uomo, potenzialmente letali. Quindi, la guerra microbiologica contro gli agenti patogeni non ci concluderà con ebola ma la battaglia contro esso insegna che nuove metodologie devono essere scovate per far fronte a future pandemie.

Il lavoro fatto dall’italiana Okairos, salita agli onori della cronaca per essere la prima azienda al mondo pronta a produrre un vaccino per ebola, assume maggiore rilevanza perché impiega nella "costruzione" del anti-virus una tecnologia tutta nuova. I vaccini di tipo "tradizionale" utilizzano virus o batteri, uccisi o modificati, oppure microorganismi realizzati in laboratorio. Questo tipo di anti-virus sfruttano una delle due funzioni che il sistema immunitario umano utillza contro i virus, quella di realizzare una reazione che produca gli anticorpi specifici. Un’altra specificità del nostro organismo, altrettanto importante ma finora non utilizzata nei vaccini, è costituita dalle cellule T-Killer capaci di "avvertire" il sistema immunitario della presenza di virus e tumori. Per rendere attive queste cellule occorre utilizzare un patogeno che simuli l’aggressione del virus. Sfruttare entrambe queste caratteristiche del corpo umano è la peculiarità dei vaccini studiati dall’Okairos tra cui quello per ebola.

Quindi, i vaccini messi a punto nei laboratori italiani combinano due funzioni immunitarie e una volta scatenati diventano molto efficaci, almeno in teoria, contro virus particolarmente aggressivi quali l’HIV ed ebola ma anche contro i più conosciuti virus della malaria e la tubercolosi. E’ l’applicazione di una nuova metodologia che nei laboratori italiani si sta concretizzando per la prima volta al mondo.
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