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Il calo del greggio e i futuri scenari economici

Economia
Il calo del greggio e i futuri scenari economici
(Teleborsa) - Il crollo dei prezzi dell'energia, il più incisivo dal 2008, sta spostando ricchezza e potere dagli autocratici Stati produttori ai paesi industrializzati a forte vocazione petrolifera che, secondo un rapporto diffuso da Beremberg Bank, la seconda banca più antica del mondo, potrebbero rendere il mondo più sicuro.

"L’impeto produttivo americano dovuto all’estrazione scistosa, l'indebolimento della domanda asiatica ed europea e un dollaro più forte, stanno spingendo la soglia dei prezzi del greggio oltre i minimi del 2008 con potenziale approdo sui 40 dollari barile", ha detto Rob Haworth, strategist per l’americana US Bank Wealth Management, che gestisce 120 miliardi di dollari.

"I prezzi del petrolio sono il tema centrale per il 2015", ha dichiarato Kenneth Rogoff, professore di economia all'Università di Harvard. "Stiamo parlando di uno shock generazionale che avrà enormi riverberi in molti altri settori, oltreché sull’economia mondiale".

Il Brent, benchmark di riferimento internazionale è sceso fino a 50,52 dollari al barile, il più basso da aprile 2009. I prezzi sono diminuiti del 48% nel 2014, dopo tre anni di crescita media ai tassi storicamente più elevati. Più incisivo il calo del West Texas Intermediate, il benchmark statunitense, calato fino ai 47,93 dollari al barile, accusando un calo del 55% dai picchi di giugno dello scorso anno.

"Vediamo i prezzi rimanere deboli per tutto il primo semestre del 2015", ha dichiarato Gareth Lewis-Davies, analista di BNP Paribas a Londra.

Negativo anche l’autorevole parere di Walter Zimmerman, capo degli strategist per ICAP che ha dichiarato: "Se il prezzo scende sotto i 39 dollari al barile è più che probabile la discesa verso i 30 dollari, perché i prezzi stanno riflettendo decisioni più emotive che basate sui più solidi fondamentali economici come domanda e offerta, quindi è garantito che si sta esagerando al ribasso".

Secondo uno studio di Oxford Economics, che ha analizzato 45 economie nazionale, con il petrolio a 40 dollari al barile, uno dei grandi vincitori di questa partita sarebbero le Filippine, la cui crescita economica dovrebbe accelerare al 7,6% in media, nei prossimi due anni, mentre la Russia avrebbe una contrazione del 2,5% nello stesso periodo.
Tra le economie avanzate, Hong Kong sarebbe il più grande vincitore, mentre l'Arabia Saudita, la Russia e gli Emirati Arabi Uniti se la caveranno peggio.

Infine, la preoccupazione più stringente dei banchieri centrali è l'effetto della caduta dei prezzi del petrolio sull'inflazione. Se il greggio resta sotto i 60 dollari al barile in questo trimestre, l'inflazione globale raggiungerà livelli mai visti da quando la recessione mondiale si è conclusa nel 2009; come riporta uno studio di JP Morgan Securities, a firma dal responsabile economico della filiale di New York, Bruce Kasman.
Kasman e la sua squadra prevedono che l'inflazione globale raggiungerà l’1,5% nel primo semestre di quest'anno, mentre la debolezza sostenuta del greggio guiderà il calo fino all’1%.

Nel dettaglio dello studio, l'area dell'euro avrà probabilmente un’inflazione negativa, mentre i tassi negli Stati Uniti, Regno Unito e Giappone potrebbero vedere anche lo 0,5%, a fronte di un target della Fed del 2%.

Per quanto riguarda la crescita globale, il permanere del prezzo del greggio sui 60 dollari al barile, aggiungerebbe mezzo punto al PIL mondiale.
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