(Teleborsa) - Nello
Yemen dilaga il caos per l’escalation militare innescata in risposta al
tentativo dei ribelli Huthi sciiti di rovesciare il presidente Hudi che, secondo fonti yemenite, sarebbero sostenuti dall’
Iran.
I ribelli continuano a guadagnare terreno ed il presidente Hudi ha scelto la via della fuga, rifugiandosi ad Aden, importante città portuale nel sud del paese.
La destabilizzazione ha provocato un’immediata reazione dell’
Arabia Saudita che ha risposto con una serie di raid aerei per bombardare le postazioni degli Huthi sciiti, alla testa di una coalizione di alleati della regione del Golfo, di cui farebbero parte
Marocco, Egitto, Sudan, Kuwait, Bahrein e Qatar. Pronto ad unirsi alla coalizione anche il
Pakistan.
La soluzione dell'intervento armato è stata appoggiata anche dagli
Stati Uniti che, in un comunicato hanno reso noto di sostenere l'intervento messo in atto dal Consiglio di Cooperazione del Golfo, con il presidente
Obama che ha di fatto autorizzato il sostegno logistico e di intelligence.
L’inasprimento della situazione geopolitica nella penisola arabica, minaccia adesso la capacità dell'amministrazione Obama di combattere il movimento ribelle yemenita, affiliato di
al-Qaeda, che è più intento ad attaccare direttamente gli Stati Uniti ed i suoi alleati.
Non più tardi dello scorso giugno il presidente Barack Obama aveva individuato proprio lo Yemen come modello per gli sforzi degli Stati Uniti tesi a combattere il terrorismo, basandosi su coalizioni alleate, piuttosto che far mettere piede sul territorio ai militari americani. Ora, la caduta del governo regolare e le turbolenze militari, mettono a repentaglio le strategie antiterrorismo fin qui seguite.
Gli USA avevano già chiuso la propria ambasciata nello Yemen nel mese di febbraio e all'inizio di questo mese hanno evacuato i circa 100 membri delle forze speciali a tutela del personale USA nella sede diplomatica yemenita.