L'origine delle
Regioni, introdotte nella Costituzione del '48, è solo politica: occorreva spezzare il monopolio della legge statale, creando livelli di autonomia territoriale in grado di svincolarsi politicamente dalle maggioranze parlamentari e dal Governo centrale. Ad oltre quarant'anni dalla loro effettiva istituzione, ben poco c'è di vera produzione legislativa autonoma: il baricentro è rappresentato dalla gestione della sanità pubblica e della formazione professionale. Poco altro rimane, oltre la pianificazione territoriale e la gestione delle risorse per il trasporto pubblico extraurbano.
I Comuni appartengono alla storia della società italiana: sopprimere quelli più piccoli, accorpandoli, vuol dire condannarli a ritornare borghi, frazioni. Eppure ormai i costi di autoamministrazione e di gestione dei servizi alla persona loro affidati, oltre a tutte le incombenze relative ai servizi pubblici municipalizzati e di edilizia, che si aggiungono alla tenuta dei Registri dello Stato civile ed alle funzioni del Sindaco quale Ufficiale di Governo, sono sostenibili e le funzioni stesse concretamente esplicabili solo quando vi sono dimensioni ottimali, sia dal punto di vista territoriale sia del numero dei cittadini serviti.
C'è, quindi, una piena convergenza di due esigenze: da una parte accorpare la gestione delle funzioni e dei servizi comunali per renderli più efficienti e garantirne l'economicità, dall'altra razionalizzare la funzione provinciale che ora non è sostenibile nel caso delle entità minori. La soluzione è quella già praticata di recente in Francia, attraverso la devoluzione al livello dipartimentale della organizzazione dei servizi locali. I Comuni parteciperebbero collettivamente ai servizi organizzati a livello provinciale, mantenendo intatta sia la propria autonomia sia la propria responsabilità di fronte ai cittadini.
Il vero problema, invece, è la struttura del decentramento amministrativo statale, che non può essere raddoppiato su due livelli, il primo regionale ed a cascata quello provinciale, e che non può essere organizzato con uffici e personale in parallelo.
C'è bisogno di una grande opera di riorganizzazione delle competenze amministrative, dei livelli a cui si esercita la gestione dei servizi pubblici e di forte riduzione dei poteri che ciascun ente ormai si autoattribuisce, senza né limiti né controlli. Limitarsi a ridurre il numero delle Province significa rinviare ancora una volta i conti con la Storia.
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