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Terrore e sogno

La strana atmosfera di questa fine anno.

Yuri Pimenov. La nuova Mosca. 1937Sappiamo come è andata a finire. La guerra ha interrotto per sempre i lavori per la nuova Mosca. La Russia poststaliniana è scivolata velocemente nel grigiore burocratico. Il terrore e il sogno si sono trasformati nella stanchezza decrepita, nella ruggine, nel cadere in pezzi così bene descritto nel 1984 dal regista georgiano Eldar Shengelaya nel film satirico Le Montagne Azzurre.

La convivenza insolita di grande paura e grande speranza è il tratto caratteristico dell’America di queste settimane. A seconda di come si legge il fiscal cliff prossimo venturo, si può vivere questa fine anno in due modi completamente diversi.

Il primo modo è da ultimi giorni di Pompei (o dell’Avana di fine 1958, con Castro sulla Sierra sempre più vicino e il sipario che sta per calare per sempre sulla dolce vita). È un’atmosfera da fine regno in cui si salva chi può. Si vendono i titoli per realizzare gli utili finché ci sono e finché sono tassati al 15. Le società distribuiscono in fretta e furia i dividendi di tutto l’anno prossimo e fanno fuori tutta la cassa che possono. Si fanno fusioni acrobatiche per approfittare degli ultimi giorni di imposizione bassa. Si bloccano progressivamente gli investimenti. Qualcuno licenzia.

Una variante della lettura pessimista si concentra non tanto sugli aumenti di tasse quanto sul protrarsi dello stallo a tutta la prima metà del 2013. Ci sarà un accordo minimo, secondo questa lettura, per bloccare gli aumenti sotto una certa fascia di reddito, ma su tutto il resto ci sarà una rissa politica prolungata. Che l’accordo tampone arrivi per fine anno o a gennaio importa poco, in questa interpretazione. Il clima sarà comunque avvelenato, i repubblicani cercheranno di vendicarsi in tutti i modi e i democratici passeranno il tempo a tendere loro trappole. Ci sarà lo scontro sul debt ceiling e si litigherà per mesi su come riabbassare le tasse salite improvvisamente il 31 dicembre. Questo clima scoraggerà gli investimenti, le assunzioni, gli acquisti di case. Ethan Harris, un economista serio e prudente, stima la crescita americana all’uno per cento nella prima metà del 2013 nello scenario più probabile, quello di una soluzione a piccoli passi del fiscal cliff.

Al tempo stesso, a volte nelle stesse teste, girano idee aggressivamente ottimistiche sul 2013. Chi ragiona così considera il fiscal cliff come un incidente passeggero, una specie di tempesta tropicale che arriva e se ne va. Se ne minimizza il costo, ovvero l’aspetto restrittivo della politica fiscale.

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