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Considerazioni inattuali

Il crash che verrà (molto) dopo il 2017.

Tre studi pubblicati in questi giorni, due macro e uno micro, ci confermano nell’idea che la prossima fase del rialzo azionario sarà potenzialmente più lunga di quanto comunemente non si pensi, ma anche particolarmente tormentata. La futura dolorosa consapevolezza della natura artificiale di questo rialzo (ben diversa dalla sciocca creduloneria che accompagnò la bolla di Internet e quella del 2007) ci spingerà verso la prudenza. La pancia ci spingerà però dentro il mercato e alimenterà il rialzo.

Secondo Jung il conflitto tra l’ego e l’inconscio è la causa delle nevrosi. Nevrotici, dunque, saranno i prossimi mesi e anni di bull market.

La narrazione prevalente nel mercato, in questo momento, è che l’economia sta per accelerare in modo duraturo in quasi tutto il mondo e che questo sosterrà a lungo margini, utili, multipli e borse. Questa visione è espressa con poca enfasi e con basso profilo, ma è in ogni caso, nella sua modestia di orizzonti, solare e lineare. Non è nevrotica.

Carl Gustav JungI due studi macro a cui abbiamo fatto cenno ci dicono però che la crescita potenziale, senza politiche monetarie radicalmente più aggressive di quelle adottate o annunciate dalle banche centrali, rischierà addirittura di ridursi. I due studi vengono dai livelli più alti dello staff della Fed (il primo dalla Divisione Affari Monetari e il secondo dalla Ricerca Economica) e sono disponibili in rete (David Wilcox e William English sono gli autori). Jan Hatzius ne ha fatto un ottimo riassunto.

La crescita potenziale deriva essenzialmente da due fattori che sono la produttività (che vedremo dopo) e la quantità di lavoratori disoccupati a disposizione delle imprese nel caso queste vogliano produrre di più.

I disoccupati, a loro volta, vengono divisi in ciclici (quelli che dopo un breve periodo di inattività trovano di nuovo un lavoro non appena l’economia si riprende) e strutturali (quelli che hanno competenze obsolete e restano inattivi per anni o per sempre).

La crescita bassa di questi anni, dovuta alla produttività che dopo il boom del 2008-2009 si è completamente fermata, sta portando a un aumento dei disoccupati strutturali. I disoccupati ciclici diminuiscono, è vero (e questo ci dà l’illusione di una ripresa ormai irreversibile), ma nel medio termine la crescita potenziale rischia di essere ulteriormente abbassata dall’aumento dei disoccupati strutturali, quelli inutilizzabili.
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