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Gold Brics Standard: oro giallo & oro nero per smarcarsi dal dollaro e dall'euro

I Paesi Brics potrebbero creare un'area valutaria comune: rapporti stabili tra le rispettive monete che hanno come garanzia sottostante oro e riserve energetiche.

A questo punto, sembra più logico pensare al lancio di una area di stabilità valutaria che valga innanzitutto per il commercio tra i Paesi Brics: un tasso di cambio stabile tra remninbi, rublo, rupìa, real e rand, che abbia come sottostante le riserve auree delle rispettive banche centrali, cui si aggiungerebbe una quota delle riserve energetiche della Russia. Funzionerebbe al contrario di come siamo stati abituati con le crisi petrolifere: non è più il prezzo mondiale del petrolio che sale per assorbire la liquidità in dollari immessa dagli Usa senza copertura aurea, ma le risorse energetiche che danno valore fisico alla moneta. Tenendo conto che le riserve auree cinesi sono stimate tra 4 mila ed 8 mila tonnellate, che la Russia ne ha accumulate 960 tonnellate, che l'India ne ha per 614 tonnellate, e che Russia, Sud Africa ed India sono tra i principali produttori mondiali di oro, si capisce che si tratta di una ipotesi non lunare.

Un Gold Bric Standard, avrebbe un pregio vero: un sottostante fisico vero, tra oro e risorse energetiche. Considerare anche queste ultime come sottostante avrebbe il vantaggio di equilibrare la distanza siderale che altrimenti ci sarebbe tra la dimensione dell'economia cinese, il cui PIL nominale è 8.221 miliardi di dollari, e quella dell'economia russa il cui PIL è di 2.011 miliardi di dollari. Quello indiano, poi, non arriva a 1.850 miliardi, mentre il Brasile supera la Russia con un PIL di 2.553 miliardi di dollari. Sommati insieme, con il Sudafrica, i cinque Paesi Brics cubano un PIL di ben 15 mila miliardi di dollari: se la battono con gli Usa, il cui PIL è di 16.244 miliardi, mentre superano di gran lunga l'Eurozona che arriva a 12.200 miliardi di dollari.

Basta mettere insieme i flussi di import-export all'interno dell'area: agli export energetici della Russia, del Brasile e del Sudafrica, corrispondono gli export manufatturieri della Cina e dell'India, che ha dalla sua una forte capacità produttiva nel settore del software e dei servizi.

Cambi fissi darebbero stabilità all'area dei Brics: chi volesse investirvi, utilizzando magari i dollari o gli yen immessi appena il giorno prima dalla Fed o dalla Banca del Giappone, dovrebbe comprare a caro prezzo le valute dell'area, perché non avrebbero neppure il valore della carta e dell'inchiostro delle vecchie banconote. Ma anche accumulare avanzi commerciali strutturali verso il resto del mondo, come hanno fatto la Cina e la Russia in questi anni, non sarà più possibile: il rublo ed il remnimbi si rivaluteranno.

Saranno utopie, ma ha senso cercare di capire se ha senso saltare ancora da una moneta all'altra: sottrarsi alla tirannia del dollaro per trovarsi nella prigione dell'euro, e poi magari cercare nuovi equilibri pattinando sul remninbi. Il sistema monetario mondiale è in pezzi, come la banchisa artica in primavera: le singole monete nazionali devono rimanere, ma servono limiti ed i equilibri nuovi nelle relazioni finanziarie internazionali. Per i Brics e l'Europa, le sfide cominciano ora.

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