La
seconda scuola di pensiero rialzista non punta sugli utili ma sui multipli. Siamo agli stessi livelli di rapporto prezzo-utili che abbiamo visto al top dei grandi rialzi precedenti (la bolla di Internet inclusa, se si tolgono dal computo i titoli tecnologici), ma questa volta ci confrontiamo con tassi d'interesse sui Fed Funds a zero, contro il 6 per cento del 2000 e il 2 per cento del 2008. I multipli, quindi, hanno diritto di segnare nuovi massimi. Ancora più drammatico il confronto con i tassi a dieci anni.
Qui l'ambito teorico è borderline tra ortodossia e fantasia. Il cosiddetto Fed model, che fa discendere i multipli azionari dal livello dei tassi sui Treasuries lunghi è un'invenzione di
Ed Yardeni e non è mai stato riconosciuto dalla
Federal Reserve. Sotto un certo livello di tassi il modello è ancora più debole. Con i decennali ipoteticamente a rendimento zero il multiplo degli utili potrebbe andare a più infinito, un livello che nemmeno i più ottimisti osano prevedere.
La terza scuola di pensiero rialzista è quella che in questa fase stimola intellettualmente di più. Ci riferiamo ai
sostenitori della correlazione tra andamento dei mercati e sentiment degli investitori. Compratori eccitati che si dichiarano ottimisti e acquistano senza badare troppo al costo sono per questa scuola un chiaro segnale di surriscaldamento e aprono la strada a un ribasso. Venditori spaventati che si accalcano per liberarsi a qualsiasi prezzo delle loro azioni perché ritengono prossima la fine di tutte le cose sono al contrario, tipicamente, indicatori preziosi di un rialzo prossimo venturo.
(Nella foto: Sam Heath e una sua creazione)
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