In genere i
prestiti di guerra sono un pessimo investimento e non andò benissimo nemmeno ai sottoscrittori americani. Una fiammata d'inflazione nel 1946 erose infatti il potere d'acquisto dei bond. La fiammata durò tuttavia solo pochi mesi. La Grande Depressione aveva infatti creato una enorme riserva di capacità produttiva inutilizzata e nemmeno la guerra era stata in grado di esaurirla tutta e creare un'inflazione strutturale.
La pressione fiscale, dal canto suo, aveva depresso la capacità di spesa del settore privato, limitando il pricing power delle imprese. Tra il 1947 e il 1951 capitò addirittura che il long bond trattasse per lunghi periodi al di sotto del 2.50 fissato come tetto dalla Fed.
Oggi le banche centrali preferiscono prefissare la quantità di titoli che acquistano attraverso il Quantitative easing. Non ci sono obiettivi ufficiali di rendimento, se non sulla parte brevissima della curva, e i tassi sono liberi di muoversi. Nulla vieta però che in futuro, in circostanze ancora più difficili delle attuali, si ripristini una sorta di nazionalizzazione completa della curva dei rendimenti.
Che siamo comunque entrati in un mondo artificiale lo conferma il fatto che i rendimenti dei bond continuano a scendere mentre l'inflazione sta salendo. La spiegazione è nel
Qe europeo e giapponese che, schiacciando sotto lo zero i rendimenti di quasi tutti i governativi, spinge europei e giapponesi a cercare ossigeno nei bond americani, che ancora offrono qualcosa.
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