E così una borsa che sembrava appagata, tranquilla e fiduciosa ha pagato la tenuta ancora accettabile dell'indice (siamo solo del
2 per cento sotto i massimi e ancora del 5 per cento sopra il livello di inizio anno e del 12 per cento sopra i minimi della notte delle
elezioni) con una violenta rotazione interna, che ha visto banche e ciclici perdere il 10 per cento dai massimi e i difensivi recuperare
buona parte del terreno che avevano perduto da novembre.
Al momento in cui scriviamo la riforma sanitaria non è ancora stata votata dalla camera. Sul tema i repubblicani sono divisi in tre scuole di pensiero. Ci sono sulla destra i conservatori fiscali che, fosse per loro, abolirebbero completamente l'
Obamacare senza lasciarne traccia, mentre sulla sinistra ci sono i moderati del senato, che all'Obamacare apporterebbero ritocchi solo marginali. Il grosso del partito, la leadership di camera e senato e Trump sono invece per una linea intermedia. Il problema è che per fare passare qualsiasi cambiamento occorre il voto praticamente unanime di tutti i repubblicani, inclusi quelli delle due ali.
Azzardiamo però una previsione. Se la riforma non passerà, lo scenario più temuto dai mercati, il tema verrà rimesso nel cassetto e si passerà immediatamente alla revisione delle imposte. In altre parole resterà in piedi l'Obamacare, che è in crisi profonda e sta per esplodere. La colpa del pasticcio sarà quanto meno condivisa, da una parte i democratici che hanno imposto otto anni fa una riforma che ha fatto raddoppiare i prezzi delle polizze sanitarie e dall'altra i repubblicani che non sono stati capaci di raddrizzare le cose.
Se invece la riforma verrà approvata,
Trump tornerà ad apparire il grande negoziatore che afferma di essere e il mercato tirerà un grosso sospiro di sollievo. In altre parole, comunque vada, non si verificherà lo scenario più temuto dai mercati, quello di un'impasse prolungata.
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