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Il sequel

Reflation trade, parte seconda. Ha gambe per camminare?


L'Italia è un rischio?

Non particolarmente. Fino al voto si cercherà di aiutarla contenendo il rialzo dell'euro e chiudendo un occhio e mezzo sulle mancate manovre correttive. Dopo il voto un governo di coalizione, probabilmente con una facciata tecnica, sarà inevitabile. Il voto tedesco indurrà però i mercati, nei prossimi mesi, a dare più peso alle vicende italiane, che di recente erano state derubricate da sistemiche a regionali. Il recupero della borsa italiana continuerà, ma dovrà essere accompagnato da rassicurazioni sul fronte politico.

Da cosa trae origine il reflation trade in corso?

Ci sono più fattori concomitanti. L'inflazione in alcuni paesi, tra cui Stati Uniti e Germania, è stata nell'ultimo mese leggermente più alta delle stime. Il petrolio è in rialzo e le sue prospettive per i prossimi mesi sembrano discretamente solide. Gli uragani sono uno shock inflazionistico da offerta. La Fed ha dato prova di credere nella forza dell'economia americana e ha deciso di confermare il Quantitative tightening e il rialzo di dicembre. La riforma fiscale americana è entrata nel vivo e da qui ai primi mesi del 2018 sarà protagonista assoluta della scena politica.

Soldato o robot?Il reflation trade in corso è una versione ultralight di quello di novembre-marzo e include, oggi come allora, un dollaro più sostenuto, una curva dei rendimenti più ripida (con un rialzo dei rendimenti della parte lunga) e nuovi massimi di borsa con una rotazione verso i ciclici e l'energia. Per il momento non ha una grande forza, ma è già stato in grado di invertire alcune attese, come quelle, prevalenti fino a due-tre settimane fa, di un dollaro sempre più debole e di tassi a lungo sempre più bassi.

Il reflation trade è destinato a rimanere ultralight?

Questa volta i mercati non faranno aperture di credito e il reflation trade proseguirà solo nella misura in cui sarà supportato da progressi concreti nella riforma fiscale. Il senatore Corker avrà anche il dente avvelenato con Trump che non l'ha fatto segretario di stato, ma non ha torto quando dice che la riforma sanitaria (fallita quattro volte) è stata una passeggiata rispetto a quello che sarà la riforma fiscale.

Delle due l'una. O la riforma sarà una non riforma e si limiterà a tagliare qualche aliquota oppure, se vorrà essere davvero incisiva, dovrà bilanciare tagli più profondi con minori deduzioni e detrazioni. Nel primo caso l'effetto sarà positivo ma non radicale (un trilione spalmato su dieci anni in un'economia otto volte quella italiana corrisponde a una manovra espansiva in Italia di 10-12 miliardi l'anno). Nel secondo assisteremo a una levata di scudi degli interessi colpiti. Con i democratici fermamente intenzionati a votare contro qualsiasi proposta e la fragile maggioranza repubblicana, alle lobby sarà sufficiente convincere o comprare uno o due senatori per fare naufragare le parti più innovative e utili della riforma.

In ogni caso, qualsiasi riforma sarà meglio di niente e poiché qualche forma di stimolo alla fine molto probabilmente verrà fuori, il reflation trade in corso, a condizione che mantenga i piedi per terra, ha una sua legittimità. Chi vuole vendere dovrà portare ancora un po' di pazienza.
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