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Investimenti e debito: un dilemma cornuto

Gli investimenti ed il contenimento dei debiti sovrani necessitano di un ripensamento profondo del senso di unione e di azione politica comune e condivisa


Infine la terza causa dell'indebitamento deriva dalla conseguenza delle sanzioni imposte dalla guerra in Ucraina, in particolare le spese energetiche, gas e luce, hanno avuto un innalzamento importante che ha determinato anche un processo inflattivo; come ha ricordato lo stesso Draghi il costo energetico europeo è molto più alto di quello degli Usa che sono stati toccati marginalmente dalle sanzioni e questo ha effetti sui costi di produzione e sulla loro competitività.

In particolare il nostro paese ha avuto una crescita del debito che si avvicina ai 2850/mld di euro e il cui contenimento diventa un'azione primaria di risanamento del paese e limita fortemente l'azione di rilancio degli investimenti che potrebbe diventare un boomerang devastante e conciliare le due necessità sembra appunto un dilemma cornuto. Il debito pubblico italiano è cresciuto in gran parte per la spesa corrente e non per investimenti si è, così, creata una modalità di raccolta del consenso politico creando una dannosa collusione tra politica ed interessi privati portando spesso ad investimenti improduttivi. Per fare una politica di investimenti a rendimento interessante tale da attrarre capitali privati è indispensabile operare sui sistemi di controllo che a causa della collusione sopra citata sono stati troppo spesso fuori controllo ed inefficaci.

L'Italia non è il solo paese ad avere una posizione debitoria elevata perché non stanno meglio gli altri paesi dell'eurozona – Francia, Germania, Spagna, Grecia... - e quindi l'invito all'investimento deve scontare la debolezza strutturale dell'indebitamento europeo e garantire una redditività non facilmente realizzabile in un contesto di debolezze strutturali e di conflitto geopolitico che conferisce insicurezza agli stessi.

L'altro richiamo di Draghi è legato a recuperare il senso del bene comune ed il riferimento allo sforzo collettivo ne è una dimostrazione; ma qui scontiamo i limiti di una UE più scritta sulla carta che realizzata in cui i vari paesi sono spinti all'esercizio della difesa nazionale ed il tema dei migranti ne è la drammatica espressione. La mancanza di un'identità politica comune ha favorito una burocratizzazione che va, come richiama Draghi, riformata e questa è la vera sfida prima di pensare ad una politica comune di investimento, di welfare e di contenimento dei debiti pubblici.

Infatti, l'attenzione esasperata alla normazione anche di particolari irrilevanti ha trasformato in questo modo la governance dell'Unione europea in un esercizio di eccessiva e finalistica burocrazia, che ha dato luogo a un apparato giuridico-burocratico assunto come norma assoluta, distante dalle singole realtà dei Paesi membri che si sono trovati a rincorrere nei dettagli una normazione fine a sé stessa che ha cancellato lo spirito profondo dell'Unione. Di fatto la governance dell'Unione europea si è burocratizzata esattamente come aveva criticato Max Weber sul rischio di una razionalizzazione delle procedure che prendono il sopravvento sulle persone. La burocrazia è appunto, per Weber, una forma particolarmente pervasiva e per certi aspetti pericolosa di tale processo di razionalizzazione, giacché essa implica direttamente la gestione non tanto di oggetti, macchine o procedure, quanto piuttosto di esseri umani, i quali devono essere organizzati per conseguire finalità specifiche.

Per ritornare al titolo, gli investimenti ed il contenimento dei debiti sovrani sembra veramente un dilemma cornuto senza un ripensamento profondo del senso di un'unione e di un'azione politica comune e condivisa.

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