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Etihad torna all’attacco, spina nel fianco dei commissari Alitalia. L’affaire insoluto del MilleMiglia

Tra le promesse non mantenute, Abu Dhabi punterebbe la sciabola sulla mancata liberalizzazione del traffico extra-Schengen dal ricco aeroporto di Milano Linate

Economia, Trasporti
Etihad torna all’attacco, spina nel fianco dei commissari Alitalia. L’affaire insoluto del MilleMiglia
(Teleborsa) - Mentre i tre commissari straordinari di Alitalia, Gubitosi, Laghi e Paleari, lavorano a stretto contatto con il Governo al fine di trovare una plausibile quanto degna via di uscita per il rilancio della ex compagnia di bandiera, Etihad sembra non voler assolutamente allentare la presa. Fonti vicino al dossier, dalle ultime settimane vedono infatti i commissari particolarmente impegnati, oltre che nel trovare un nuovo partner industriale, a trattare ai "tempi supplementari" con le irragionevoli quante ferme richieste provenienti da Abu Dhabi.

Richieste che sarebbero tuttavia supportate da circostanziate quante estese accuse di gravi inadempienze nelle promesse fatte al tempo dal Governo Renzi, e mai ottemperate, circa provvedimenti legislativi che avrebbero, a loro dire, facilitato il rilancio di Alitalia sotto la guida di Etihad, ma nel corso dei travagliati mesi passati mai favoriti concretamente dal Parlamento.

Tra le varie promesse non mantenute, Etihad sembrerebbe puntare la sciabola proprio sulla mancata liberalizzazione del traffico extra-Schengen dal ricco ma ridimensionato aeroporto di Milano Linate, dal quale Etihad avrebbe invece voluto far volare Alitalia in direzione Abu Dhabi con relativo feederaggio di clientela business per la compagnia emiratina verso le sue ambite destinazioni nel sud est-asiatico.

Inoltre, vi sarebbero nelle loro accuse precise rimostranze nei confronti dell’organo governativo che regola le concessioni dei traffici aerei negli aeroporti nazionali e verso la stessa direzione dell’aeroporto di Fiumicino, sede e base vitale per lo sviluppo di Alitalia, ove entrambi gli enti avrebbero privilegiato la penetrazione delle compagnie concorrenti, tra cui proprio le low cost, che in Italia superano ben il 55% del traffico totale. Fenomeno che in altri hub europei viene invece prudentemente limitato a favore delle compagnie aeree tradizionali e di riferimento dello scalo coinvolto.

Così, da Abu Dhabi, questa volta non tirano più ricchi e caldi venti concilianti, tutt’altro. Le ferite subite nel breve sodalizio italo-emiratino sono lungi dall’essere state rimarginate. Bruciano ancora, e anche molto, tant’è che i rapporti interrotti bruscamente nella primavera scorsa a seguito del NO nel referendum con cui i dipendenti bocciarono l’ultima – disperata - proposta di rilancio di Abu Dhabi, hanno portato oggi ad azzerare non solo ogni valore di azionariato ma davvero anche ogni minima possibilità di un secondo capitolo di Etihad nella vicenda Alitalia.

Addirittura un contenzioso tra le due compagnie, voce circolata nei giorni scorsi, sarebbe stato aperto da Ethiad al Tribunale di Civitavecchia, competente per l’area di Fiumicino. Sarebbero addirittura state presentate le richieste di un risarcimento di ben 200 milioni di euro che l’ex socio Etihad reclamerebbe da Alitalia.

Ma deboli sono le chance che tale ingente somma, che corrisponde al capitale di rischio, possa essere rimborsato poiché tra i tanti creditori, Etihad, non si posiziona davvero tra quelli privilegiati da dover risarcire, considerate anche le presunte quanto ampiamente discusse responsabilità manageriali che la vedrebbe oltremodo coinvolta nel disastro di Fiumicino.

In ogni caso, problematiche complesse dai possibili risvolti sfavorevoli col rischio di ripercussioni, se non risolti tempestivamente dai "Triumviri", nella futura strategia di sviluppo di Alitalia. Di questa impervia e datata questione potrebbe in ogni caso essere il futuro azionista a doversene occupare, con il supporto della politica che avallerà al tempo la prossima operazione. Nel brevissimo periodo i commissari hanno infatti ben altri nodi da sciogliere.

A "giustificare" i rapporti tesissimi tra Alitalia ed Etihad vi è anche un’ulteriore querelle che vede più precisamente, nel patrimonio di famiglia, un altro prezioso gioiellino, il Programma MilleMiglia, di cui si parla poco o niente, conteso un po' per la sua importanza strategica – più per la stessa Alitalia - ma anche per Etihad come eventuale ultimo strumento di compensazione dei 200 milioni richiesti per cambiare rotta e rientrare definitivamente nel deserto di Abu Dhabi.

Nella trattiva sui futuri possibili investitori di Alitalia, impegnati a circoscrivere il perimetro di investimento nella solo parte volo, e, o, anche della parte aeroportuale e di manutenzione, viene infatti ancora poco menzionata dagli analisti che si occupano dell’argomento, la piccola quanto florida società Alitalia Loyalty, che detiene appunto le redini del Programma MilleMiglia, brand noto ed apprezzato dai viaggiatori.

Alitalia Loyalty non è infatti sotto il controllo dei commissari straordinari, a differenza della casa madre. La società, che vive di propria vita, fu appositamente creata come "spin off" e distaccata da Alitalia precisamente nel 2012 dall’allora CEO Del Torchio, ben prima dell’operazione di vendita di Alitalia agli emiri. L’intento di questa operazione aveva il preciso scopo di estrarre ancora maggiore valore e rendere in definitiva il pacchetto più appetibile sul mercato, proprio per la peculiarità della società di custodire il cuore del data base dei clienti di Alitalia ad alto valore.

La piccola azienda, fiore all’occhiello nello scenario internazionale delle società che operano in ambito loyalty, conta poco più di 50 dipendenti ma ha l’attivo svariate iniziative di marketing relazionale coinvolgendo dunque i suoi "frequent flyer" attraverso l’ampliamento del così denominato "customer journey" con interessanti promozioni declinate grazie agli oltre 60 partner commerciali e aerei che ruotano attorno al programma di fidelizzazione come anche gli accordi co-brand con le più importanti carte di credito.

Gli oltre 5 milioni di Soci iscritti al programma volando con Alitalia accumulano quindi le miglia "qualificanti" necessarie all’ottenimento dello status degli ambiti club esclusivi "Ulisse", "Freccia Alata" e "Freccia Alata Plus" con l’accesso a benefici personalizzati e, inoltre, partecipando alle promozioni dedicate si accumulano anche le miglia necessarie per il conseguimento del biglietto premio.

Etihad nel 2014 versò 500 milioni di euro per rilevare il 49% di Alitalia e altri 112.5 milioni per acquistare il 75% di Alitalia Loyalty, lasciando il restante 25% all'ex compagnia italiana di bandiera. Poiché appunto la Società Alitalia Loyalty non è stata commissariata, perché decisamente in attivo, il suo assetto azionario rimane attualmente invariato e poichè Etihad non è più invece l’azionista di riferimento dell’aerolinea, va da sé che il corso naturale vorrebbe Alitalia presto riprendere il totale controllo del suo storico programma di fidelizzazione che l’anno scorso ha compiuto ben 25 anni di attività.

Nello scenario di un evidente divorzio tutt’altro che consensuale, la partita su questo fronte è ancora in altissima quota. I commissari dovranno prestare massima attenzione nella delicata conta degli asset "buoni" da portare in dote al futuro compratore. La piccola ma profittevole realtà di Alitalia Loyalty aveva chiuso l’esercizio 2015 con un ebitda di ben 7 milioni di euro. Utile successivamente sceso drasticamente per una serie di motivi per l'esercizio successivo, primi tra tutti lo scenario mutato dal Commissariamento di Alitalia e il rinnovo, al momento, solo per 1 anno del Programma in scadenza.

Etihad sembrerebbe avere però il coltello dalla parte del manico, in quanto anche un’incombenza pretestuosa da parte degli Arabi di mantenerne il legittimo controllo sul MilleMiglia potrebbe di certo creare ingerenze nell’operazione complessiva qualora il futuro azionista decidesse di voler includere e valorizzare nel paniere anche i dati della clientela ad alto valore, oppure in alternativa, si creerebbe un conflitto d’interesse di non poco conto. Al contempo Etihad sa bene infatti di avere per le mani un asso vincente da giocare e poter così ottenere magari a compensazione il risarcimento richiesto, senza attendere le lungaggini legislative, e di rientrare dunque almeno di una parte dell’ investimento iniziale che ha lasciato sulle piste di Fiumicino. Nei fatti, molta più sabbia dell’oro investito.




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