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Ritornano i padroni del vapore



Cos'hanno in comune i metalmeccanici della FIOM di Pomigliano con gli agenti di assicurazione maggiormente impegnati nelle rappresentanze sindacali di categoria? All'apparenza assolutamente nulla.
Lavoratori dipendenti i primi, professionisti autonomi i secondi, differenza di reddito medio percepito ancora piuttosto consistente anche se in fase di leggero decremento, riferimenti politici e ideali probabilmente agli antipodi.
Eppure, ad una analisi meno approssimativa, un tratto comune lo si può trovare: entrambi stanno subendo un attacco molto pesante a diritti acquisiti e a conquiste contrattuali, frutto di anni di lotte, che le rispettive controparti cercano di rimettere in discussione.

Caso Fiat

Nell'aprile di quest'anno viene presentato il progetto Fabbrica Italia, che prevede un massiccio piano di investimenti da parte dell'azienda per modernizzare ed ampliare la sua capacità produttiva nel nostro paese.
In particolare, a fronte della chiusura entro 2 anni di Termini Imerese (una sorta di oasi industriale circondata dal deserto, senza indotto e con infrastrutture pessime) dovrebbero essere potenziati gli altri stabilimenti nazionali del gruppo, allo scopo di trasferirvi parte della produzione attualmente dislocata in impianti esteri (in particolare la Panda dalla Polonia a Pomigliano).
Come contropartita la Fiat chiede una radicale mutazione delle relazioni con il sindacato, con l'obiettivo di arrivare al superamento del contratto unico nazionale di categoria ed alla stipula di contratti aziendali che prevedano una differente organizzazione del lavoro per uno sfruttamento più intensivo degli impianti, così da ottenere sensibili incrementi di produttività.

Per raggiungere questo scopo l'azienda chiede che nei nuovi contratti vengano previste limitazioni significative a diritti storici acquisiti, come le assenze per malattia e il diritto di sciopero. Su queste proposte si apre un aspro dibattito e viene fatto un referendum fra i lavoratori che sancisce la spaccatura fra FIOM-CGIL da un lato e le altre sigle sindacali con una percentuale del 62% a favore di queste ultime, con il seguito di aderenti alla FIOM licenziati perché nel corso di uno sciopero avrebbero interrotto l'attività di altri operai, reintegrati dal Giudice al loro posto di lavoro ma a cui è stato negato l'accesso dall'azienda.

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