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Un circo senza domatore

Da qualsiasi prospettiva si osservi il mondo e sotto qualsiasi declinazione politica e culturale, un dato risulta evidente: da quando la finanza ha sostituito qualsiasi altro elemento di visione prospettica della realtà, le diseguaglianze nel pianeta sono aumentate in modo esponenziale. La sperequazione della ricchezza è tornata al Medioevo.
Altro che progresso, per quanto tornare indietro sia impossibile, il mito dell’immaginario progredire si è dissolto.

Gli "esperti" di economia dicono che sarà necessario più di mezzo secolo per riassumere la retta via. Gli stessi "esperti", che profetizzavano un processo senza fine del modello economico occidentale, devono prendere atto che il 40% dei giovani italiani non ha lavoro, cioè poco meno del 20% della intera popolazione abile tricolore. Siamo tornati all’inizio degli anni ’70.
Veniamo da 30 anni di appuntamenti mancati: riforme mai attuate, modifica della costituzione che sia espressione dei tempi, nuova legge elettorale e riforma di lavoro e pensioni, sono soltanto alcuni dei temi più caldi. La politica ha mostrato l’incapacità di comprendere pienamente i cambiamenti e si è chiusa a difesa del fortino delle rendite di posizione e privilegi acquisiti dai soliti noti, approssimando anche la programmazione di un superficiale ingresso in Europa.
Per incompetenza, arroganza e sottovalutazione delle situazioni, si è minato il modello sociale che ci aveva decentemente accompagnato per oltre 50 anni, mettendone a rischio la tenuta.

Le responsabilità dell’attuale dramma socio-economico, ovviamente legato in parte alla crisi mondiale dell'ultimo decennio, hanno una paternità ben precisa, fatta di cognomi e facce ben conosciute, non hanno pagato affatto per questa mancanza di lungimiranza e restano ben ancorati alle loro poltrone, magari giocando ai “quattro cantoni” del potere.
Il paradosso è che questi fantomatici esperti elargiscono adesso a piene mani le più fantasiose ricette su come uscire dal disastro da loro stessi “progettato”. Un’alternanza di visioni apocalittiche quanto feconde e paradisiache, a seconda che si scelga una posizione piuttosto che un’altra, ma tutte caratterizzate dalla mancanza di dialogo che esclude i cittadini dal potere decisionale.
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