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La fine del mercatismo

Brexit, Trump, No al Referendum: la ribellione prosegue

A pensarci bene è esattamente il contrario di quanto prevede la nostra Costituzione all'art. 36, secondo cui “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa”. E' l'esatto contrario di quanto viene consentito con la legislazione che prevede il lavoro a tempo parziale, saltuario, a chiamata oraria con i voucher: precario e malpagato.

Negli anni Ottanta cominciò il mantra contro il posto fisso a vita: “Dovete abituarvi a cambiare lavoro, passando dall'uno all'altro”, contro la invadenza dello Stato nell'economia, contro l'inflazione ed i tassi di interesse reali negativi che avrebbero distrutto il risparmio. Era la fine del keynesismo, che predicava l'espropriazione dei rentier: la accumulazione parassitaria del denaro, infatti, distoglieva le risorse dall'investimento produttivo. Le imprese e gli Stati, pagando sui prestiti contratti con gli investitori interessi reali negativi, restituivano loro meno di quanto avevano preso: distruggevano risparmio, ma investivano in infrastrutture collettive ed in capacità produttiva. L'economia reale cresceva, la occupazione era ai massimi.

Costituzione italianaCon gli anni Ottanta, i tassi reali di interesse vennero portati a livelli estremamente elevati: i debiti pubblici si ingigantirono solo per questo, molte imprese fallirono, perché gli investimenti erano stati programmati sulla base di tassi molto più bassi. Andate a vedere quando cominciano a fallire le grandi imprese italiane, dalla chimica di base alla siderurgia, dal settore automobilistico a quello dell'elettronica. Eravamo i primi in Europa, se non al mondo: fu così che entrammo in crisi, per servire il grande capitale finanziario. Lo Stato italiano cominciò ad indebitarsi solo per pagare gli interessi, arrivati a livelli astronomici.

Da allora, il sistema finanziario ha dominato ogni scelta: dove investire, dove assumere, dove produrre.

I Paesi dell'Est europeo sono divenute Colonie di sfruttamento, con gli investimenti produttivi finanziati integralmente dalla Unione Europea: i cittadini italiani, come gli altri, hanno finanziato con le loro tasse la chiusura delle fabbriche italiane e le delocalizzazioni in questi Paesi, dove il lavoro viene pagato una miseria e non esiste welfare. A noi è rimasta da pagare la cassa integrazione guadagni, per sostenere i lavoratori delle fabbriche che hanno delocalizzato: siamo dei pazzi.

Tutto l'Oriente, la fabbrica del mondo, viste dell'export verso l'Occidente: anche lì lo sfruttamento della manodopera è senza limiti. E con i giganteschi profitti derivanti dalle esportazioni, si accumulano ricchezze immense, si comprano terre in Africa ed industrie in giro per il mondo.

Lavoratori in Occidente che avevano conquistato diritti e benessere sono messi alla porta, per aprire la produzione ad Oriente a costi infimi e senza welfare: questo è il mercatismo.

Un voto popolare dopo l'altro dimostra che il consenso nei confronti del Mercatismo sta finendo. Il crollo si avvicina.

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