(Teleborsa) - Quello che è
successo la scorsa settimana sui mercati finanziari potrebbe prefigurare un
abbandono in massa di diverse asset class, una falcidia indistinta senza guardare a ciò che si vende.
Un mix di variabili altamente negative che vanno dal
rallentamento dell'economia globale, ai
segnali di crisi dei debiti sovrani euro-deboli, dall'ansia per il
diffondersi di Ebola anche nel nord del mondo, per finire ai
conflitti in Medio Oriente. Tutto ha concorso a produrre uno strappo sui mercati finanziari come non si vedeva da tre anni.
Poco propensi a scoprire le carte sui propri
investimenti obbligazionari, che nel 2014 hanno dato ai debitori un'estrema fiducia, e sull'
esposizione a leva sui derivati, gli operatori si sono rivolti ai
segnali che provengono dalle società quotate e dal Dipartimento del Tesoro, per disinnescare il rischio sistematico.
Il risultato è stato un delirio. Il
volume di debito pubblico americano scambiato la settimana scorsa è salito ad un massimo storico di quasi 1000 miliardi di dollari, come segnala ICAP, il più grande broker di inter-dealer del mondo, oltre il 40% al di sopra del record precedente. Stessa musica suonata dal
mercato azionario con 11,9 miliardi azioni scambiate, il livello più alto segnato dalla crisi dell'euro-debito nel 2011.
"Ogni volta che gli investitori non possono vendere le loro attività scarsamente liquide, si rivolgono al mercato azionario, perché ognuno è coinvolto in esso e lì possono vendere facilmente", ha detto Matt Maley, strategist presso la Miller Tabak & Co. "Ecco perché il sell-off del mercato è stato così tagliente. Vendere ciò che si può, sui mercati più liquidi".
Ovviamente
il processo di riequilibrio, come per i vasi comunicanti,
richiede tempo e quando si fa credere che tutti comprano un minimo, quello non sarà un minimo.