Non sappiamo se quest'anno le borse regaleranno l'uno per cento (come dice
David Bianco di
Deutsche Bank), il 3 per cento (come dice
Kostin di
Goldman Sachs), il 7-10 per cento (come dice il consenso) o il 20 come dice Miller. Sappiamo però che è difficile che il 2014 abbia il segno negativo, una condizione che, in mancanza di alternative d'investimento convincenti, dovrebbe indurre tutti a restare sull'azionario.
Quanto al dove e al cosa, registriamo la divergenza tra il consenso, che in questo momento è tutto dalla parte dell'Europa (in particolare mediterranea) e voci fuori dal coro come
JP Morgan, che suggeriscono di sovrappesare gli Stati Uniti.
Per quanto ci riguarda, il fatto che l'
America abbia un multiplo di 15.7 sugli utili 2014 e l'Europa quoti solo 14 volte non ci scalda il cuore più di tanto. Un paese solido che cresce al 3 per cento merita un multiplo più alto di un continente fragile che avrà una crescita esangue e che sarà di nuovo esposto alle tempeste quando i tassi saliranno.
Il mercato sembra però pensarla diversamente e, in particolare nelle fasi di euforia come l'attuale, va a cercare i ritardatari che comunque offrono qualche speranza (sugli emergenti non si va perché non offrono appigli all'ottimismo). In pratica l'
Europa sarà solo più volatile. Verrà cercata nei momenti positivi e scaricata in quelli di cautela. Al margine peserà però il fatto che il mondo è sottoinvestito di Europa.
Quanto ai settori, la conversione verso i ciclici è ormai generale negli orientamenti, ma non lo è ancora nei portafogli. Per questa ragione non c'è da esitare troppo nel comprarli.
(Nella foto: Critica del pensiero critico. Il blog di Ross Healy)
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