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Guerra e altro

Mercati solidi, ma si deteriora il rapporto tra rischio e rendimento

Venti minuti di sparatorie durante l'operazione militare a Parigi Saint-Denis. Bisogna risalire ai tempi della Comune del 1871 per trovare scontri a fuoco di questa portata. Del resto, se Parigi è ancora oggi così bella è perché fu risparmiata nelle due guerre mondiali. Il presidente Hollande dice che la Francia è in guerra, il primo ministro Valls dice di temere attacchi chimici e batteriologici. L'Isis fa notare come siano bastati otto uomini per fare proclamare lo stato d'emergenza, una misura che era stata presa l'ultima volta durante la guerra d'Algeria.

C'è da chiedersi che conseguenze potrebbero produrre 80 o 800 uomini. Non se lo chiedono i mercati, sembra di capire, dal momento che appaiono in ottima forma e rimangono concentrati sulle loro occupazioni di sempre, tassi, Quantitative easing e utili.

In effetti, guardando al passato, nei rapporti tra mercati e conflitti si vedono reazioni molto diverse. La borsa di New York salì del 20 per cento nella prima settimana del settembre 1939, mentre la Germania invadeva la Polonia. Scese però per otto mesi dopo Pearl Harbor, quando cioè l'America entrò in guerra.
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