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Un elefante nella cristalleria dei mercati

La fine della globalizzazione romana porta, dal canto suo, ai secoli bui. La storiografia degli ultimi trent'anni si è inventata il concetto di tardo antico per addolcire la tradizionale immagine fosca della caduta dell'impero romano. Nella storiografia del tardo antico i migranti barbari vengono assorbiti armoniosamente e portano elementi nuovi di civiltà, in quella tradizionale portano tre secoli di distruzione. È qui evidente, in filigrana, il dibattito sul multiculturalismo dei giorni nostri. E però è incontrovertibile, come nota l'archeologo Bryan Ward-Perkins, che dal V secolo le case si fanno più piccole e povere, le botteghe più vuote, le chiese più misere, le vite più brevi.

Il mondo si riglobalizza con la ripresa economica dell'inizio del secondo millennio e la peste del 1348-1350 si diffonde in un attimo dalla Cina all'Islanda lungo le rotte commerciali e le vie dei pellegrini. Ma la spinta all'espansione coloniale è già partita da più di un secolo e non si arresta. Lo storico indiano Sanjay Subrahmanyam ha scritto pagine bellissime di connected history, mostrando come le decisioni prese nel XVI e XVII secolo alla foce del Tago dai portoghesi si riflettessero sulla vita degli abitanti del delta del Gange e viceversa.

Le culture assiali nel 550 a.C.Insomma la globalizzazione è una costante della storia, così come lo è la deglobalizzazione. La globalizzazione coincide con periodi di crescita economica ma non è chiaro se ne sia la causa o l'effetto. Per i globalisti è la causa, ma che la relazione possa essere inversa lo dimostrano i giorni nostri, in cui la crisi della crescita fa montare la voglia di deglobalizzazione.

La globalizzazione è bella, ma più è bella e più è fragile. L'interconnessione fa sì che le crisi si trasmettano velocemente da un capo all'altro del pianeta, la frammentazione ritarda e attutisce i colpi. La Cina di Mao, isolata dal mondo, aveva cicli suoi che dipendevano dal ciclo politico interno. La Cina di oggi, in rapido allineamento con i livelli elevati di debito del resto del mondo, non avrebbe più la forza (che ebbe ancora nel 2008-2009) di andare controcorrente in caso di crisi globale e precipiterebbe insieme a tutti gli altri.

La globalizzazione partita agli inizi degli anni Novanta è stata un grande arbitraggio sul costo del lavoro e ha creato solo vantaggi per Asia, Africa e per quella parte di America Latina che ha saputo approfittarne. Per Europa e America ha avuto lati positivi (per gli esportatori e i consumatori) e lati negativi in termini di reddito e di sicurezza per una parte non trascurabile della popolazione.
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