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Un paese acefalo nella sfida del federalismo e della UE

Non è più il tempo di Arlecchino e Pulcinella


Il paese da trent'anni non produce più cultura vera, ma vive di quella della rendita che brucia ricchezza ma non la crea, il debito pubblico ne è la palese dimostrazione; il principio del merito di cui tutti parlano è spesso solo quello dell'appartenenza così è più facile governare il sistema ed evitare i controlli. Abbiamo favorito ed incentivato l‘habitat naturale per il "moral hazard" corruttivo senza vergogna a tutti i livelli. Abbiamo avuto governi di tutti i tipi: dei politici, dei tecnici, di solidarietà nazionale, di larghe intese, del fare e del dire (più dire che fare), delle pari opportunità, delle riforme e degli slogan. Ma tutti hanno, in modo diverso, hanno contribuito al peggioramento continuo degli equilibri sociali, economici e finanziari. Ma anche qui di che è la colpa?

Abbiamo sposato, acriticamente, modelli culturali che non sono della nostra storia che ci sono stati imposti ma non adattati e così abbiamo perso le radici della nostra storia fatta di artigianato, di piccole imprese, di sviluppo territoriale accompagnato da principi di solidarietà diffusi. Abbiamo sposato i mantra del "creare valore per gli azionisti", del "piccolo non è bello", di una finanza locusta che ci ha spolpati con operazioni finanziarie – derivati in primis –, ci ha impoverito e fatto vendere aziende che erano gioielli. Una cultura dell'economia fatta solo di formule matematiche che tradisce la sua natura di scienza sociale e morale, quindi tutti a scommettere, sempre perdenti, in una roulette governata dal croupier. Non possiamo dare la colpa alla Germania che non ha mai tradito la sua storia fatta di manifattura e anche di finanza ma governata nel proprio interesse.

La realtà è che siamo di fronte ad una crisi di uomini e di valori che hanno contribuito a metterci in questa situazione; la situazione del paese è da manuale per le regole che descrivono nei secoli le ascese ed il declino delle società. Le società non muoiono mai per morte violenta ma per suicidio perché le élite al governo perdono la capacità di rinnovarsi negli uomini e negli ideali e finiscono per collassare. Gli ideali del "bene comune" dei politici che ci hanno fatto uscire dal dramma del dopoguerra sono diventati gli ideali dell'interesse personale da realizzare anche a scapito degli altri normalizzando comportamenti illeciti che ogni giorno osserviamo ormai passivamente. Il modello culturale nella sostanza, ancora oggi, sembra non cambiare mai da quello legato prevalentemente all'occupazione del potere. La vera riforma da fare è quella morale e culturale perché i problemi non sono mai né tecnici né economici ma sono sempre e solo problemi di uomini.
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