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Come uscire dalla crisi europea

Nel libretto il prof. Guarino si riferisce al dualismo istituzionale che si creato all'interno dell'Unione tra i paesi aderenti all'eurozona (senza deroga) e quelli fuori (con deroga). I governi dei PMUE, sempre in preda a rigurgiti nazionalistici, continuano a sostenere che non vogliono centralizzare le politiche fiscali e di bilancio, ma i primi, in realtà, lo hanno fatto in via definitiva nel 2012, affidandosi appunto a "regole robotizzate" come le definisce il prof. Guarino. Ma questo tipo di regole può funzionare in una situazione normale – per così dire. Non può funzionare e non ha funzionato nel mezzo di una crisi e finanziaria più grave di quella del 1929. Per gestire questa crisi, in assenza di un governo economico a livello centrale, il Consiglio europeo non ha pensato di meglio che di avvalersi della Troika composta ed egemonizzata dalla BCE con la partecipazione del FMI e della Commissione europea ormai ridotta ad un centro studi del Consiglio appena citato. Non senza fondamento, questo fa dire a molti osservatori e a me che nell'Unione è in atto una deriva autoritaria e tecnocratica che impedisce il corretto funzionamento della democrazia all'interno di molti Paesi membri. Con l'introduzione del c.d. semestre europeo, il processo di bilancio dura tutto l'anno. Nella prima metà dell'anno i governi dei PMUE presentano i loro documenti di economia e finanza e subito dopo i loro Piani nazionali di riforme. Entro giugno la Commissione, esaminati i documenti, formula le proprie raccomandazioni. Significa questo che in Europa non c'è più democrazia? No, significa che la democrazia c'è ed è rimasta nei paesi che sanno rispettare le regole. In termini politologici, significa che la vera democrazia è rimasta in un solo paese la Germania anche per effetto di alcune sentenze della Corte costituzionale tedesca che hanno imposto al governo tedesco l'autorizzazione preventiva e la successiva ratifica da parte del Parlamento tedesco su ogni decisione rilevante che lo stesso governo va a prendere a Bruxelles. Agli altri Paesi che non condividono le regole, resta una sola via di uscita: quella di proporne la riforma oppure uscire dall'eurozona e passare con il gruppo dei paesi con deroga.

Qual è la soluzione proposta dal prof. Guarino per risolvere questi complessi problemi? A prima vista, sembrerebbe che la proposta sia quella di rivitalizzare le prerogative sovrane dello Stato nazionale. Su questo mi permetto di dissentire. Lo Stato nazionale per quanto mi riguarda è ormai un reperto ottocentesco. Lo Stato nazionale è troppo piccolo per affrontare i problemi della globalizzazione e troppo distante per affrontare i problemi della gente. Tutta la letteratura federalista del Novecento ha condannato lo Stato nazionale ritenuto responsabile di due guerre mondiali. In Europa lo Stato nazionale non ha ragione d'essere per via dello stato di avanzamento del processo di integrazione europea che vede ormai centralizzata la politica economica generale (monetaria ed economica finanziaria) e che vede delegata alla NATO la politica della difesa. Non ultima anche la giustizia è sostanzialmente centralizzata anche grazie al grande e meritorio lavoro giurisprudenziale condotto dalla Corte di giustizia europea e la Corte dei diritti umani per cui le violazioni ai diritti e alle libertà fondamentali della Carta sono continuamente sanzionate. E l'Italia figura tra i paesi che violano più di altri detti diritti. Se l'Italia non ha più la spada, né la moneta né la bilancia che senso ha rivitalizzare lo Stato sovrano? Ma alcuni obiettano che l'Unione non è ancora un vero e proprio stato federale. È vero formalmente anche il TFUE parla di Stati membri ma si tratta di una finzione perché con le limitazioni o le rinunce alle prerogative di cui sopra è difficile pensare che si tratti di Stati sovrani di stampo ottocentesco, per cui a me sembra corretto parlare e scrivere di paesi membri – anche se nel linguaggio corrente i due termini sono equivalenti.
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