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Da qui all'eredità

La crisi ha compromesso l'apprezzabile capacità degli italiani a risparmiare.

La crisi ha fortemente inciso sulla nota propensione al risparmio degli italiani, un tempo formiche e mai diventate cicale... solo formiche impoverite, costrette dai morsi della crisi ad accumulare meno, quasi per niente, fino ad intaccare il proprio capitale. Una crisi negata solo fino a due anni orsono; un'iniezione di fiducia da parte del governo Berlusconi che doveva preservare il nostro paese dall'ecatombe finanziaria, con il pilastro della risparmiosità italiana a sostenere gran parte del peso. Sembra passato un secolo, eppure dopo due anni ci ritroviamo ad annaspare nelle sabbie mobili tentando di trovare un appiglio.

Monti/Caronte sta traghettando la zattera di noi poveri dannati al di là del fiume, sperando di arrivarci sani e salvi, benché malmessi, ma la probabilità che in un futuro, anche non immediato, muti drasticamente lo scenario in termini di reddito disponibile per le famiglie o in termini di posti di lavoro è alquanto scarsa, per cui dobbiamo attenderci altri anni in cui la ricchezza precedentemente accumulata, per chi ne ha, dovrà essere intaccata. Questo vuol dire che la minor propensione al risparmio orienterà il debito pubblico verso le sottoscrizioni "esclusivamente" bancarie, creando un'inquietante contiguità tra crisi del debito sovrano e crisi delle banche, la cui solidità è sempre più messa in discussione.

Gli aspetti brutalmente analizzati del problema crisi sono questi. Emergono, però, dati maggiormente preoccupanti se accendiamo il faro sulla distribuzione della ricchezza che la crisi ha rimodulato nel corso degli ultimi tre anni e cioè che fatta pari cento la ricchezza degli over 65 anni, i giovani sotto i 34 hanno poco più del dieci per cento. E anche quelli della classe di età superiore, con anzianità di lavoro consolidata, non se la passano certo meglio.

La prima impressione è che sia la ricchezza dei nonni e dei genitori a permettere ai giovani di colmare il gap che le loro finanze non riescono a soddisfare. Possiamo, quindi, dire che chi consuma di più ha iniziato ad intaccare quanto accumulato dalle generazioni precedenti e in prospettiva il problema si aggrava perché le pensioni future, cioè quelle di chi oggi si trova nelle condizioni più difficili per risparmiare, non hanno il benché minimo criterio di valutazione. Quindi sì all'eredità dei nonni per risolvere il problema nel modo meno efficiente, ma con la sicurezza di dare il definitivo colpo di grazia all'unica risorsa economica italiana degli anni '80, quella del risparmio.

Confidiamo trepidanti e speranzosi nei prossimi programmi di politica economica, ancora in divenire, ma che vista l'antifona non promettono nulla di certo.

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