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Qatar, pecunia non olet

Terrorismo chissà, di certo tanti soldi

Adesso il nemico non è più solo l'Iran, che in Irak e Siria sostiene rispettivamente gli sciiti ed il Presidente Assad, e che rappresenterebbe sempre una minaccia per la sicurezza di Israele.

La recentissima visita di Donald Trump in Arabia Saudita, durante la quale ha esortato i Paesi arabi ad unirsi nella lottare contro il terrorismo, ha provocato un primo effetto inatteso: Egitto, Arabia Saudita, Emirati Arabi, Bahrein e Yemen hanno annunciato la interruzione dei rapporti diplomatici col Qatar, per via del sostegno che darebbe ai gruppi terroristici islamici.

L'Arabia Saudita afferma che il Qatar "sostiene e protegge numerosi gruppi terroristici che minano a destabilizzare la regione, come i Fratelli musulmani, l'Isis e Al Qaeda". Inoltre il Qatar "diffonde tramite i suoi media la visione e i progetti di questi gruppi, sostiene le attività di gruppi appoggiati dall'Iran nella regione saudita di Qatif e in Bahrein. Il Bahrein accusa il Qatar per "il sostegno alle attività terroristiche armate e i finanziamenti legati a gruppi iraniani".

I cinque paesi del Golfo hanno anche annunciato la sospensione del traffico aereo e marittimo verso il Qatar. Ma da Teheran hanno già fatto sapere che forniranno aiuti alimentari, per superare la chiusura delle frontiere terrestri con l'Arabia Saudita.

C'è qualcosa che sfugge, in questo improvviso ostracismo: il finanziamento del terrorismo sarebbe una accusa pesantissima, tale da meritare il deferimento al Consiglio di Sicurezza dell'Onu. Ma là ci sarebbero troppe altre nazioni ad interloquire, tra cui la Russia. E così, si agisce in modo autonomo, anche se la stessa Amministrazione americana ci va con i piedi di piombo: il Segretario di Stato Tillerson si è subito offerto per svolgere qualsiasi ruolo sia ritenuto utile dalle parti.

C'è in corso un conflitto in Medio Oriente, che vede scalfito il ruolo tradizionalmente egemone della Arabia Saudita nell'area, a vantaggio dell'Iran. A loro volta, Turchia e Qatar cercano di guadagnare insieme spazio di influenza, in Siria come in Libia ed in Egitto.

C'è anche un altro fattore: il Qatar dispone di enormi riserve di gas, come la Russia. Trasportarlo via nave è impegnativo e costoso, tra impianti di liquefazione, stoccaggio e rigassificazione. Un bel gasdotto che passasse attraverso la Siria arrivando in Turchia, per rifornire l'Europa, ci starebbe davvero bene. Anche l'Iraq, con un oleodotto che arrivasse direttamente nel Mediterraneo, potrebbe dare sbocco ai giacimenti della parte settentrionale che è abitata dalla minoranza curda.

Mettere insieme l'Iran ed il Qatar, come sostenitori del terrorismo e della destabilizzazione dell'area mediorientale, semplifica lo schieramento in campo e riduce il numero dei concorrenti.

Sembra di rivedere gli inizi del caos in Libia, con le accuse al regime del colonnello Gheddafi di non rispettare i diritti umani. Allora si ricorse alla forza militare, con i bombardamenti. Stavolta, si punta all'isolamento politico e commerciale. La gran parte dei governi europei deve cominciare a fare i conti con gli eccezionali investimenti finanziari fatti dal Qatar, soprattutto attraverso il fondo sovrano QIA.

In Germania detiene il 17% di Volkswagen, di cui è il primo azionista con oltre 12 miliardi di euro; in Russia il 9,75% di Rosneft che vale 7 miliardi; in Gran Bretagna quote in Glencore, in Barclays, nell'aeroporto di Heathtrow ed il 20% di Iag, la holding che controlla British Airways e Iberia; in Olanda è azionista di Shell. Rilevanti sono gli investimenti nelle banche, da Credit Suisse e Deutsche Bank. Il Qatar, come se non bastasse ha la proprietà della squadra di calcio del Paris Saint-Germain, ha il 13% di Tiffany, per un valore di circa 1,3 miliardi di dollari, e quote di Harrods e Sainsbury's.

In Italia, il Qatar non è da meno. Ha investito nella compagnia aerea Meridiana attraverso Qatar Airways e QIA. Nell'immobiliare è presente a Milano nel progetto Porta Nuova, in Costa Smeralda negli alberghi di lusso costruiti dall'Aga Kahn. Così, negli hotel: Gallia a Milano, Four Season a Firenze, Baglioni e l'Excelsior a Roma. Dal 2012 è partner in Cdp Equity, per lo sviluppo del Made in Italy, che ha investito nel 28% di Inalca, produttore di carni del gruppo Cremonini. Nel settore della moda, basta citare l'acquisto di Valentino ed il marchio di abbigliamento maschile Pal Zilieri.

Insomma, dell'appoggio dato dal Qatar al terrorismo islamico finora in Occidente nessuno dei governi si è accorto di niente. Dei rapporti del governo italiano con il Qatar sono piene le cronache: tutto alla luce del sole.

Ai cittadini si controllano i mille euro in contanti ed il contenuto dei sacchetti dell'immondizia per la differenziata. Per il resto, sulle accuse mosse al Qatar, tutti i governi occidentali stanno zitti. Nessuno può sapere se hanno la coda di paglia.

Gli affari prima di tutto. Come dicevano i Romani, “pecunia non olet”.

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