Facebook Pixel
Milano 12:20
34.028,23 +0,26%
Nasdaq 18-mar
17.985,01 0,00%
Dow Jones 18-mar
38.790,43 +0,20%
Londra 12:20
7.705,2 -0,22%
Francoforte 12:20
17.939,72 +0,04%

Mercati sovrani & Chierici tonanti

Gli Stati schiavi del potere della moneta

Anche stavolta, leggendo le Considerazioni finali del Governatore della Banca d'Italia Vincenzo Visco, dobbiamo riconoscere che nel rapporto tra popoli, Stati e poteri economici, il potere è solo nelle mani di questi ultimi.

Chi possiede il potere economico, ed i Chierici tonanti che governano la Moneta, non solo giudicano quotidianamente l'opera dei politici, ma la condizionano.

Non è più vero neppure che c'è una divisione di compiti, e che spetta al Mercato gestire al meglio la produzione economica, mentre allo Stato spetta garantire la equa distribuzione delle risorse a fini di giustizia sociale.

Siamo al Mercatismo assoluto, la condizione infernale in cui i governi sono puniti se solo sfidano il potere della Moneta: "Il rischio di una “espansione restrittiva” non è da sottovalutare; l'effetto espansivo di una manovra di bilancio può essere più che compensato da quello restrittivo legato all'aumento del costo dei finanziamenti per lo Stato e per l'economia".

L'affermazione è chiara: uno Stato che cerca di ricorrere ai Mercati per finanziare una spesa in disavanzo, si espone ad un rischio molto maggiore rispetto al beneficio che quella manovra economica può determinare, in quanto la reazione dei Mercati avrebbe un effetto contrario ancora più forte. Elevando il costo del finanziamento del debito, sia allo Stato che all'economia in generale, l'effetto positivo della decisione espansiva di bilancio adottata dallo Stato verrebbe ampiamente superato da quello negativo derivante dall'aumento del costo del debito.

Questa è la condizione di schiavitù degli Stati rispetto al Mercato, il potere di ricatto assoluto a cui sono sottoposti.

Gli Stati sono soggetti al giudizio dei Mercati, dai quali non hanno tutela. Il debito pubblico è la tagliola: nel caso dell'Italia, infatti, "l'elevato rapporto tra debito pubblico e PIL rimane un vincolo stringente; per allentarlo non si può ritardare nel definire una strategia rigorosa e credibile per la sua riduzione nel medio termine. Rispetto al resto dell'area dell'euro, da noi il costo del debito è più elevato, la crescita economica più bassa". La remunerazione del debito, al tasso deciso dal mercato, deve trovare copertura nelle disponibilità di bilancio, con l'avanzo primario.

E sono i Mercati a dettare legge, in Europa almeno, sui tassi di interesse sul debito pubblico: "L'aumento di un punto percentuale del tasso di interesse medio all'emissione dei titoli di Stato italiani registrato nel corso del 2018 ha fatto seguito a una diminuzione di circa tre punti tra il 2012 e il 2017. Bisogna contrastare il rischio di un ulteriore ampliamento della differenza tra l'onere del debito e il tasso di crescita del prodotto".

In pratica, in Italia abbiamo un gancio alla gola: anche una decisione politica positiva in sé, che comporta un vantaggio in termini economici e sociali, è soggetta allo scrutinio del Mercato, che può imporre costi di finanziamento più elevati sull'intero stock di debito, ribaltando completamente l'effetto positivo.

Questo è un potere di ricatto inaccettabile.

A questo potere di ricatto non ci si deve più piegare.

Le banche centrali devono garantire l'accesso al finanziamento da parte degli Stati in condizioni di trasparenza e di equità.

Gli Stati schiavi del potere della moneta.

Mercati sovrani & Chierici tonanti.
Altri Editoriali
```