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Bossi: S.P.Q.R.



Si nos coleos haberemus... citava Petronio. Eh sì, che all'epoca delle bighe e quadrighe gli attributi ce li avevano davvero i Latini. Correre a tutta velocità, l'uno accanto all'altro, tirati da quattro purosangue immacolati, richiedeva davvero sangue freddo e attributi da paura. Come circoscrivere l'impero ai limiti dell'immaginabile geografico... e oltre. Ci volevano gli attributi, proprio quelli. Petronio li richiamava spesso. Figuriamoci cosa direbbe oggi in una società dove gli attributi sono asciugati da una massiccia dose di anabolizzanti e ridotti alle dimensioni di un cannellino.

Bossi dileggia i Romani appellandoli a porci e dimentica che la fondazione della sua Milano, che poi è anche nostra, secondo l'antica tradizione riportata da Tito Livio, avvenne attorno al 600 a.C. ad opera del re gallo Belloveso e di una scrofa semilanuta, vale a dire spelacchiata, che divenne poi il simbolo della Milano gallica. Le nobili origini milanesi hanno quindi più titolo di quelle romane, sicuramente vicine all'aquila e al lupo, all'attinenza con i porci.
E' evidente che l'ironia e la goliardia sono d'obbligo, in questo caso, per stemperare un contesto che rischia di incendiarsi se le boutades dell'onorevole Bossi non fossero stigmatizzate.

Gheddafi che mangia il Cuscus a Roma e Profumo che firma una lettera di dimissioni dopo 15 anni di sfavillante carriera in Unicredit. Troppo vicini i quadretti per non farci quattro chiacchiere sopra.
Alessandro Profumo, poiché amministratore delegato, non poteva avversare manovre di rastrellamento in Borsa da parte dei Libici, così come non potrà mai farlo nessun amministratore delegato. Un'economia di libero mercato non può discriminare i capitali in funzione della provenienza, né tantomeno fare esercitare alle fondazioni la clausola del gradimento, tanto in voga nelle banche popolari fino a qualche anno fa.

La politica questo non l'ha capito e unitamente al fatto che Profumo aveva sdoganato una banca di livello europeo, rendendola sostanzialmente autonoma dal potere centrale, ecco che le fondazioni, primi azionisti e massima espressione politica nel settore bancario hanno calato la scure. Unico neo per Profumo è stata la questione economica della vicenda e cioè, tra le componenti che hanno portato alla rimessa del mandato da parte di Mister Arrogance (così veniva "graffato" dalla stampa tedesca), spicca quella legata ai risultati dell'istituto, anche perché già lo scorso anno, all'indomani del crollo dei titoli in borsa della Banca Milanese, si era parlato di possibili dimissioni del manager genovese proprio da parte di quei soci "pesanti" che erano e restano le fondazioni, che sono soci notoriamente particolari con determinati programmi di spesa e che, ovviamente, fanno affidamento sulla capacità manageriale della banca per porli in essere e sostenerli. Solo che negli ultimi due anni alle fondazioni non è arrivato nemmeno mezzo euro e, anzi, è stato chiesto un aumento del capitale.

Il fatto vero, aldilà di tutto, è che cacciare Profumo è stata un'eresia fantasmagorica per il semplice fatto che dare continuità, alla pur autoritaria azione di governance della Banca meneghina e comunque trovare in breve tempo un sostituto degno del precedente amministratore delegato, sarà sicuramente impresa ardua e la borsa non perdonerà né ulteriori ritardi né, tantomeno, sbagli.

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