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L'essenza del nulla


I partiti sembrano evaporare dopo cento giorni di governo tecnico. Praticamente scomparsi dalla TV, difendono il fortino di poche pagine di giornale negli articoli di spalla o in qualche edulcorato editoriale che prende a cuore il nostalgico declino della passione politica. E' il primo risultato, per certi aspetti miracoloso, raggiunto dall'azione di un esecutivo che annovera, oggi, personaggi di alto profilo non conosciuti per la militanza televisiva o per qualche battuta o gesto eclatante. Insomma un esecutivo aldilà dell'immagine, che scardina la politica canonicamente intesa e cerca di recuperare parole assenti da tempo nel cosiddetto politichese, come credibilità.

L'evaporazione dei partiti dalla scena dell'informazione è sicuramente indice di gradimento dell'azione di un governo, da tempo desiderato, per un agire serio e credibile più che il suono di un pifferaio e che ha inciso significativamente anche sul modo di fare informazione.

D'altra parte una riflessione si impone sul ruolo e la funzione, oltre dei compiti, che i partiti hanno avuto per oltre 40 anni e cioè dagli anni '70, quando la prima, vera, crisi economica del dopoguerra aveva eletto l'ambiente politico come elemento polarizzante, laddove potessero fiorire idee innovative per un rilancio economico mai concretizzatosi. E invece proprio in quel periodo il sistema politico è andato fuori controllo, dissipando in poco tempo il patrimonio di credibilità accumulato nel ventennio successivo alla costituzione repubblicana, un sistema politico accartocciatosi sulle lotte interne, sull'accaparramento delle tessere e orientato a nutrirsi per i decenni successivi su un ipertrofico sistema di finanziamenti pubblici, con azioni lobbistiche nascoste nelle pieghe corruttive di una struttura allontanatasi improvvisamente, a distanza siderale, dalla base elettorale.

Tutte le idee promettenti, peraltro rare, riguardo un alleggerimento della struttura partitica sono fatalmente fallite inciampando sul segretario, sul coordinatore, sul commissario, insomma sull'irriverenza ad un fondamentale presupposto politico che dovrebbe giustamente osservare una stretta correlazione tra elettorato e azione politica. L'intrusione dei partiti nella vita e nella cosa pubblica è divenuta, quindi, costosa e poco produttiva, succhiando risorse alle istituzioni in cambio del nulla e, alla lunga, li ha delegittimati anche sul fronte ideologico.

Questo è il nodo cruciale. Il nuovo esecutivo ha impiegato cento giorni a occupare i vuoti di un sistema e la speranza è che la qualità della sua azione possa far rifiorire la passione vera, far proliferare forze vive, favorire una leadership e un modello di azione credibile su come si fa a guidare uno Stato. Non c'è bisogno di primarie, dove solitamente vince chi fa antipolitica, è necessaria una forte comunicazione, un programma e l’azione di chi è eletto per governare o per fare opposizione. Il resto è aria fritta di cui il popolo ha le tasche piene.

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