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Alitalia, un altro saccheggio?

Tre Commissari e l’ennesimo buco

A mano a mano che passano i giorni, cala il polverone suscitato dal voto contrario dei lavoratori all'ennesimo piano di ristrutturazione, a base di licenziamenti. La colpa, così si diceva, era sempre dei piloti e degli assistenti di volo: abituati a privilegi ormai insostenibili, avrebbero giocato il tutto per tutto, sapendo che alla fine sarebbe arrivato l'aiuto statale.

E così è avvenuto, perché il Governo ha stanziato ben 600 milioni per un prestito ponte, da qui ad ottobre, termine entro il quale si spera di trovare l'ennesimo acquirente per quella che fu la nostra grande compagnia di bandiera. Tutti, naturalmente, hanno cominciato a gridare allo scandalo per questo nuovo aiuto, che porterebbe a 7 miliardi di euro i fondi pubblici assorbiti negli anni per tenere in piedi Alitalia.

Il buco del 2016 era noto, e quello del 2017 altrettanto: a voler pensare male, sembra quasi che le proposte di licenziamenti siano state una provocazione. Farsi dire di no dai lavoratori era la maniera migliore per buttare tutto all'aria, ivi compresa una nuova ricapitalizzazione da 2 miliardi di euro: una proposta fantastica, ma a condizioni impossibili.

Da qualche giorno, dopo la nomina di tre Commissari, stanno cominciando ad uscire dati inquietanti, insieme alle proposte di risparmio avanzate da qualche sindacalista. Si potrebbero risparmiare, con una gestione oculata, oltre duecento milioni di euro l'anno: i sovracosti per le operazioni di manutenzione ammonterebbero a 40 milioni, i tagli ai costi del leasing degli aeromobili arriverebbero a 56 milioni, mentre sul carburante il risparmio sarebbe addirittura di 130 milioni.

Si viene a sapere, infatti, che sono stati stipulati dei contratti di protezione dal rischio di un aumento del Jet fuel, forse con le stesse banche proprietarie della Compagnia: questa lo paga 70 euro, quali che siano i prezzi di mercato. E siccome, ormai da anni, i prezzi sono assai più bassi di questa somma, la Compagnia si accolla un extra-costo che viene incassato per chi ha venduto questa protezione: sono centinaia di milioni di euro l'anno che vengono incassati dalle banche e che portano in rosso profondo i bilanci di Alitalia.

Vi sono poi gli accordi commerciali, quelli ereditati dai tempi dell'accordo con Air France e quelli nuovi stipulati con Ethiad: e non pare che siano sempre favorevoli ad Alitalia, visto che in un caso i proventi sarebbero divisi sulla base degli aerei messi a disposizione per il co-coding e nell'altro sono stabiliti sulla base del costo medio dei biglietti di ciascun partner.

Come se non bastasse, ci sono i costi per Alitalia derivanti dagli slot negli aeroporti più importanti: per fare cassa, li ha venduti al partner, ma per riprenderli in affitto a caro prezzo.

La flotta, pagata a leasing, costa un occhio della testa: a guadagnarci, ancora una volta, sono i soggetti finanziatori. Per di più, si tratta di aerei per il medio raggio, appioppati nel corso degli anni ed ereditati da AirOne: un salvataggio che è costato caro.

Per farla breve, non sembra che in questi anni ci sia stata una amministrazione attenta in modo spasmodico ai costi di esercizio.

Lo Stato, cioè tutti noi, ora ci dobbiamo mettere altri 600 milioni, e non è detto che basteranno. Sono soldi che non torneranno indietro, visto che sono in tanti ad aspettare solo un fallimento di Alitalia, per prendere tutto ad un euro.

Per ogni euro di perdita registrata a fine esercizio, magari nel frattempo ci sono stati enormi guadagni operativi.

Alitalia, un altro saccheggio?

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