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High Quality Food, con IPO apertura punti vendita ed espansione all'estero

L'intervista a Simone Cozzi, fondatore e amministratore delegato del gruppo attivo nella produzione, trasformazione e distribuzione di prodotti alimentari di alta gamma

Finanza, IPO
High Quality Food, con IPO apertura punti vendita ed espansione all'estero
(Teleborsa) - Un progetto dai forti connotati etico-sociali, la volontà di puntare su prodotti alimentari italiani d'eccellenza e la capacità di internalizzare e accorciare la filiera agroalimentare. Erano queste le fondamenta su cui poggiava High Quality Food (HQF), azienda a cui la pandemia ha in parte stravolto il business, ma non ha arrestato la crescita. Con i lockdown e i cambiamenti dei comportamenti dei consumatori, il gruppo attivo nella produzione, trasformazione e distribuzione di prodotti alimentari di alta gamma ha ampliato la propria offerta al mercato Consumer, affiancandolo a quello storico del settore Ho.Re.Ca. (hotel, ristorante e catering), puntando sul creare legami più forti col cliente finale, sulle vendite online e sugli store fisici. Nonostante questa trasformazione sia già stata avviata, sono necessari ulteriori investimenti per imprimerle un'accelerazione e sfruttare i nuovi trend del mercato agroalimentare-ristorativo post-pandemia. Ciò ha portato alla volontà di quotarsi a Piazza Affari, con l'IPO su Euronext Growth Milan (ex AIM) prevista per fine aprile.

"Siamo in questo momento l'unico progetto di agroindustria che esiste in Italia, ovvero un modello di business che fa investimenti mirati per rendere quanto più corta possibile la filiera distributiva, dalla produzione al cliente finale", spiega in un'intervista a Teleborsa Simone Cozzi, fondatore e amministratore delegato. "Nel nostro caso il cliente finale era fino a marzo 2020 esclusivamente il B2B e il mercato Horeca, ma la pandemia ci ha messo nella condizione di modificarlo e di entrare nel mercato Consumer", aggiunge il numero uno del gruppo che ha chiuso il 2021 con un fatturato superiore ai 15 milioni di euro.

L'aspetto etico-sociale

L'AD sottolinea che quello di HQF "è un progetto etico-sociale, dove la parte produttiva (quindi il progetto agricolo) ha a che vedere con la riqualificazione di territori precedentemente assoggettati a calamita naturali quali alluvioni, terremoti e quant'altro. Il nostro obiettivo è quello di riportare in auge produzioni dismesse e di ridare lavoro a famiglie che lo avevano perso a causa delle calamità".

Un esempio è quello di Leonessa, un'area nell'epicentro del terremoto del Centro Italia del 2016. Prima di questo evento veniva prodotta la patata di Leonessa, l'unica IGP in Italia oltre a quella della Sila. Dopo il terremoto non veniva più prodotta e aveva perso l'IGP. Grazie al supporto della Chiesa, con l'arcivescovo di Rieti che ha dato in concessione quasi gratuita circa 60 ettari di terra, HQF ha riattivato la produzione, dato lavoro a tre nuclei familiari ed è arrivata oggi a produrre quasi 85.000 kg di patate l'anno, che non soltanto vengono vendute al mercato di riferimento ma anche declinate in semi-preparati come gnocchi, patate fritte e supplì.



Il modello di business

All'agricoltura HQF affianca la trasformazione, la commercializzazione e la vendita. "L'agroindustria si occupa di interpretazione, ovvero declinare le esigenze del mercato in semilavorati e prodotti finiti, e trasformazione, che è forse la parte più innovativa del nostro gruppo insieme a quella del modello di business", evidenzia l'imprenditore.

HQF ha quattro siti produttivi, ma ha costituito anche una rete di aziende agricole con un atto costitutivo presso un notaio, evento raro nel mondo dell'agricoltura. I coltivatori e allevatori non hanno più il problema di individuare un mercato di riferimento, perché il gruppo di Cozzi compra tutte le loro produzioni e si occupa poi di trasformarle in prodotti. A livello distributivo, il gruppo ha una grande piattaforma a Roma, una piccola filiale a Milano, quattro all'estero (Londra, Hong Kong, Singapore e Ibiza) e circa 70 distributori nel mondo, potendo quindi affermare di essere una piccola multinazionale specializzata in agroindustria.

La svolta della pandemia

"A marzo del 2020 eravamo un'azienda totalmente B2B - racconta Cozzi - e abbiamo scoperto dal giorno alla notte che c'era il rischio di non avere più un mercato di riferimento. Non avevamo solo il problema di mettere le persone in cassa integrazione, in quanto non potevamo andare da un allevamento e dirgli smetti di mangiare o a un campo di zucchine a dire smetti di crescere".

Buongusterai, che oggi è la piattaforma online del gruppo rivolta ai consumatori finali, non era ancora on-line durante il primo periodo di pandemia e quindi Cozzi ha usato i suoi 60 agenti di commercio, anche loro senza alcun tipo di sussidio in quel momento, per creare un call center professionale da casa attraverso il quale raccoglievano gli ordini e creavano anche un'interazione con gli utenti. "Ora abbiamo un e-commerce accattivante, ma nonostante stia performando in maniera molto importante, non siamo riusciti a ricreare quella user-experience che avevamo quando creavamo un contatto diretto con i clienti, attuando anche un cross-selling al telefono e chiedendo loro per cosa avrebbero usato ciò che stavano acquistando", afferma l'AD.



L'attenzione ai luoghi fisici

Nonostante la crescente importanza degli acquisti online, Cozzi crede che "esiste ancora nella categoria dei goduriosi una fortissima attenzione all'esperienza d'acquisto off-line, che ci ha messo nelle condizioni di creare due nuovi flagship store off-line, che sono la riqualificazione delle vecchie botteghe di quartiere (i vecchi alimentari) e la riqualificazione delle vecchie macellerie, chiaramente in chiave accattivante e verticalizzata sul nostro progetto di filiera".

HQF ne ha già aperti due a Roma, sta per aprirne altri due sempre nella Capitale e altri due arriveranno a Milano entro maggio. "Stiamo abbinando alla vendita dei nostri prodotti a banco e a scaffale anche una somministrazione che viene prodotta dalla mia azienda trasformativa qui a Roma - spiega il CEO - Questo fa sì che all'interno degli store debba occuparmi soltanto di un'attività di rigenerazione non di preparazione: i costi fissi sono quindi bassissimi e la possibilità di garantire costanza qualitativa è invece elevatissima".

L'arena competitiva e la marginalità

A una domanda su quali sono i concorrenti, Cozzi non ha dubbi: Selecta, Jolanda de Colò e Longino & Cardenal, ai quali l'imprenditore riconosce che sono sulla piazza "da molti più anni di noi, quindi in primis meritano il nostro rispetto" e poi afferma che sono stati "inevitabilmente un benchmark" per la crescita del gruppo, anche per individuare elementi innovativi rispetto ai loro modelli di business.

L'aggiunta dei nuovi segmenti di HQF mira anche a differenziarsi da molti competitor, non facendo quindi solo commercializzazione di prodotti, e ad aumentare la marginalità. Prendendo l'apertura degli store fisici, Cozzi spiega che "i costi di investimento sono bassissimi, perché parliamo di 60 metri quadri massimo di negozio e non è necessario che lo stesso sia in una zona centralissima, ma in una zona popolosa. Ciò vuol dire che l'affitto non supera quasi mai i 1.200 euro al mese e l'investimento è di 50-70.000 euro per aprire un negozio, mentre il ritorno dall'investimento è nella peggiore delle ipotesi di otto mesi". Nei due che HQF ha già aperto il cash break-even è arrivato dopo tre mensilità. "Questa chiaramente è una grande opportunità e si abbina a livello finanziario a quello che è l'elemento accattivante del nostro progetto industriale e oggetto dell'IPO", sottolinea l'imprenditore.



L'utilizzo dei proventi dell'IPO

"Destineremo il 35% della raccolta all'apertura di 16 punti vendita entro la fine del 2023, per arrivare entro la fine del 2025 a 60 - spiega il fondatore - Tutto ciò porterà a un aumento della nostra marginalità totale e a numeri sicuramente innovativi per il settore". "Grazie al nostro modello di agroindustria abbiamo già un margine molto più alto rispetto ai concorrenti, proprio per effetto della filiera corta che ha meno passaggi all'interno della value chain e consente margini superiori a chi si occupa solo di commercializzazione", aggiunge.

Un altro 35% sarà per investimenti verticalizzati nel B2B, cioè per continuare a investire nel progetto di filiera integrata, un 20% per il consolidamento delle filiere estere e all'apertura di due nuove filiali (una in Svizzera e l'altra a Miami) e l'ultimo 10% sarà per l'upgrade tecnologico della piattaforma on-line Buongusterai. L'obiettivo della raccolta è fino a un massimo di 5 milioni di euro, più un'opzione greenshoe per ulteriori 500 mila euro.

La crescita organica e l'M&A

Essendo un progetto di agroindustria, "cresce in maniera organica e quindi la nostra crescita non è stata generata per effetto di acquisizioni come altre aziende - sottolinea Cozzi - e non sarà così neanche in futuro". L'unica acquisizione fatta da HQF in passato è stata fatta a livello internazionale, acquisendo un piccolo distributore in Inghilterra, che è diventato poi la filiale inglese del gruppo. Un operazione simile dovrebbe essere fatta anche per la nuova filiale che sarà aperta in Svizzera.

"La nostra crescita sarà focalizzata sul progetto di integrazione agroalimentare, quindi quello che facciamo in termini di acquisizione è comprare eventualmente terra dove incrementare i nostri siti produttivi, ma non compreremo aziende commerciali per poter crescere per effetto di acquisizioni", aggiunge.

Gli investimenti in ottica ESG

L'AD racconta che l'azienda è da anni attenta agli aspetti ESG. Ad oggi, le donne rappresentano il 55% del personale, mentre l'86% dei collaboratori hanno meno di 27 anni. "Investiamo tanto nella diversità, nel talento e nella valorizzazione giovani - spiega Cozzi - e in azienda abbiamo anche un codice di condotta che mira al confronto e alla valorizzazione della produttività e della professionalità di ogni nostro collaboratore, con checkpoint ogni 45 giorni". I dipendenti del gruppo HQF sono oggi 49.

Inoltre, l'azienda aspira ad essere ad impatto ambientale zero entra la fine del 2023. Ha già investito, dal 2016, circa 4 milioni di euro per impiantare nuove tecnologie pulite, sostituendo ad esempio tutti i macchinari che precedentemente erano a pompa d'olio con macchinari ad aria compressa, non utilizzando più il sottovuoto ma una nuova tecnologia a termoretrazione (un composito plastico cinque volte meno spesso) e abbandonando le vaschette di plastica a favore di quelle biodegradabili. Altri interventi sono quelli per la salvaguardia della fauna e della flora nelle comunità in cui l'azienda opera.

"Siamo un'azienda a incredibile valore aggiunto perché rispondiamo ad alcuni cambiamenti delle esigenze del consumatore medio - evidenzia l'AD - il consumatore oggi trova nell'attenzione alla salute una grande priorità; la seconda priorità è una rinnovata attenzione a tutto ciò che è sostenibile, Made in Italy e healthy; la terza esigenza è la socialità, che porta un grande fermento alla nostra categoria. Queste tendenze sono quelle su cui investiamo da 20 anni".
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