In più occasioni abbiamo espresso la nostra opinione: la politica dei tagli lineari attuata dal ministro Tremonti ha avuto il merito di mettere in sicurezza i conti pubblici, di respingere l'assalto alla diligenza di qualche famelico suo collega di Governo, ma la non selettività ha penalizzato in egual misura la spesa utile e quella clientelare, con l'aggravante che alcuni improvvidi provvedimenti (leggasi salvataggio Alitalia e abolizione generalizzata dell'ICI) hanno privato lo Stato di risorse altrimenti impiegabili a sostegno della domanda aggregata.
Sul piano delle riforme, l'unica tentata e appena fermata dal parere negativo della cosiddetta "Bicameralina" e riproposta con dubbia procedura sotto forma di decreto legislativo è quella sul federalismo fiscale. Lo stop è arrivato sul tema del federalismo municipale, ma in realtà sono più d'uno gli aspetti che suscitano perplessità.
Nella sua attuale formulazione tutto si può dire fuorché essa produrrà una riduzione o redistribuzione delle imposte: il probabile aumento dell'addizionale IRPEF, l'introduzione della nuova tassa che sostituirà l'ICI denominata IMU ad aliquota maggiorata rispetto al valore precedente e che così congegnata tende a configurarsi come una patrimoniale mascherata, la reiterazione dell'IRAP, sono tutte conferme nella direzione di un incremento del carico fiscale.
La stessa cedolare secca sulle locazioni favorirà implicitamente i grossi proprietari immobiliari con un contestuale decremento degli introiti complessivi.
La sbandierata ricerca dell'efficienza, con l'introduzione del criterio del costo standard nel settore sanitario per calcolare il fabbisogno di spesa a livello regionale, non sembra allo stato corrispondere alle intenzioni, non tanto perché la sua applicazione partirà fra due anni e la metodologia usata è differente da quella attuata dagli enti locali, ma soprattutto in quanto il suddetto costo standard non risulta essere l'unico parametro adottato.
Negli ultimi mesi qualcuno ha parlato di federalismo a geometria variabile: partano prima le regioni più pronte poi le altre seguiranno man mano. Lungi dal voler argomentare su quali recondite intenzioni possa sottintendere questa idea, va comunque notato che la differente velocità esiste nei fatti fra regioni ordinarie e regioni a statuto speciale, con queste ultime che si sono viste riconoscere dalla Consulta la potestà di introdurre propri tributi.
Un'ultima considerazione su cui riflettere: mentre fino al 2008, a livello regionale, il monte entrate derivante da propri tributi (IRAP soprattutto) superava il valore dei trasferimenti dallo Stato, negli ultimi 2 anni le percentuali si sono capovolte con i secondi oltre il 50% e le prime ferme a poco più del 40%.
Negli ultimi giorni il premier ha dichiarato che i prossimi mesi saranno dedicati ad intenso programma di riforme in campo economico per far ripartire la crescita ed il punto di partenza saranno i provvedimenti volti a sburocratizzare gli adempimenti di costituzione e funzionamento delle piccole-medie imprese. Tralasciamo ogni commento sulla effettiva immediata efficacia di questi provvedimenti rispetto all'obiettivo dichiarato e sul perché vengono messi in cantiere dopo quasi tre anni dall'inizio della legislatura; l'aspetto che suscita più di un sospetto è la tempistica.
Il capo del Governo è alle prese con problemi di carattere personale che ne minano la credibilità interna ed internazionale, la sua maggioranza si è progressivamente ridotta ed oggi può dirsi tale solo se tutti i parlamentari vengono precettati ad ogni votazione, l'etica della responsabilità, che per un uomo di Stato stabilisce la linea di condotta tanto nei comportamenti pubblici che in quelli privati, ha subito una progressiva ed irreversibile demolizione; ebbene, in questo contesto, che è eufemistico definire instabile, vengono avanzate proposte che come minimo richiederebbero un ampio concorso o almeno una predisposizione al dialogo di gran parte delle forze politiche rappresentate in Parlamento. Il tutto condito da conflitti fra Istituzioni latenti se non proprio manifesti, delegittimazioni quasi giornaliere, con la popolazione che assiste sgomenta e sempre più lontana dalla politica. Per dirla con Flaiano, la situazione è grave, ma non è seria.
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