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Scarpini d’oro e materassi di lana

Il calcio non è una competizione sportiva

Al momento della campagna acquisti, i tifosi di calcio non stanno nella pelle quando si tratta di portare in squadra i grandi campioni, ma mettono il broncio quando vedono volare via i loro idoli.

Il calcio-mercato, questa è la definizione esatta, mette in moto ogni anno enormi risorse economiche, che vanno sia al club che cede un giocatore sia a questo stesso per l'ingaggio, generalmente pluriennale. Oramai non si contano i giocatori che valgono più di centomilionidieuro, e che altrettanti ne intascano per sé.

Oltre alle squadre contribuiscono gli sponsor legati a queste, e così le somme disponibili lievitano senza limiti.

Non si tratta di fare del moralismo un tanto al chilo: il calcio riflette in pieno un sistema di mercato in cui chi ha i soldi compra tutto ciò che vuole, ma il senso stesso della competizione.

Vale lo stesso per le "nazionali" di calcio: da una parte ci sono le doppie e triple cittadinanze, le naturalizzazioni, i passaporti concessi a chi per meriti sportivi ed a chi per i bisnonni emigrati dall'Italia a fine Ottocento; dall'altra ci sono le nuove frontiere create dopo il collasso dell'Unione Sovietica o della Jugoslavia che hanno moltiplicato le squadre nazionali. D'altra parte, la Gran Bretagna ha fatto da battistrada, partecipando alle competizioni con l'Inghilterra, il Galles e la Scozia.

Il mondo si riflette nel calcio, così come il calcio si riflette nel mondo: è un fenomeno sociale.

Di sportivo, c'è assai poco: è solo business, anche quello dei Mondiali, che in aggiunta sono ammantati da una venatura di confronto nazionalistico sempre più sgradevole. Non c'è più un confronto tra scuole calcistiche diverse, come poteva essere ancora negli anni Sessanta: con l'Italia regina nel chiudersi a catenaccio per lanciare il contropiede; l'Inghilterra maestra nel tackle e nella marcatura ad uomo; il Brasile funambolico nella maestria del gioco di palla; l'Uruguay spettacolare nella sua capacità di coprire ogni angolo di campo; l'URSS rocciosa in difesa e violenta nelle offensive. Il calcio si è globalizzato, giocano più o meno tutti alla stessa maniera, con gli schemi che si omologano.

Nei campionati nazionali spadroneggiano sempre le stesse squadre: i campionati sono vinti e persi in partenza, con le campagne acquisti o le cessioni.

E' del tutto ridicolo affermare che c'è competizione sportiva perché si scende tutti in campo con undici uomini, quando alcune squadre si possono permettere una rosa di venti campioni per giocare comodamente le Coppe, ed altre vanno in affanno al primo infortunio. Per non parlare, ovviamente, delle diverse potenzialità economiche: chi ha i soldi compra e vince, chi non li ha si deve accontentare di fare valorizzare il vivaio.

E viene da sorridere quando si legge che ormai ci sono le regole del “fair play sportivo”: serve solo ad evitare che i club si indebitino eccessivamente con acquisti che mettano in pericolo l'equilibrio di bilancio.

Basta leggere il sito della Uefa:

"Tra la ricchezza dei diversi club e paesi esistono differenze storiche e che prescindono dal fair play finanziario. L'obiettivo del fair play finanziario non è quello di eguagliare tutti i club per dimensioni e ricchezza, ma incoraggiare i club a costruire il proprio successo, piuttosto che continuare a cercare 'soluzioni rapide'. Le società calcistiche necessitano di un ambiente migliore, dove gli investimenti sul futuro sono premiati meglio e vi sia una maggiore credibilità nel lungo periodo.

Favorendo gli investimenti sui giovani e sugli stadi, e stabilendo deficit accettabili in milioni di euro e non in percentuali relative, la valutazione dei bilanci ha una struttura meno restrittiva verso le piccole e medie società. Con il tempo, più club piccoli e medi avranno le potenzialità per crescere."

Ecco come stanno le cose: con il tempo, i club piccoli e medi avranno le potenzialità per crescere. Intanto, ci sono le grandi squadre, quelle che giocano per vincere accaparrandosi i campioni a prezzi esorbitanti, e le squadre piccole e medie, quelle che giocano sapendo che la competizione è falsata in partenza.

Il calcio non è una competizione sportiva.

Scarpini d'oro e materassi di lana.

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