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USA: il grande mantice in affanno

La domanda americana dà lavoro a mezzo mondo, ma a caro prezzo

Sono tutti stupiti per la durezza con cui Donald Trump sta gestendo, a suon di dazi e di misure punitive, la trattativa commerciale con la Cina. Va avanti come un treno, senza fermarsi di fronte alle critiche che gli vengono mosse.

Il perché è presto detto: l'America deve sanare un doppio deficit, quello della bilancia con l'estero e quello del bilancio federale.

La sua è una crescita drogata, a debito.

DEFICIT DELLE PARTITE CORRENTI CON L'ESTERO

Il saldo passivo accumulato a partire dal 2008, l'anno della crisi dei mutui sub-prime, è di 12.295 miliardi di dollari. Quando l'economia cresce, crescono inevitabilmente pure le importazioni. Ma se l'export non pareggia i conti, il deficit sale.

Il deficit del 2019 dovrebbe essere di 513 miliardi di dollari, in crescita verso il picco dei 681 miliardi raggiunto nel 2008: non è casuale, la crisi di quell'anno. Milioni di famiglie americane, infatti, erano talmente indebitate da non poter più onorare i propri impegni: cominciarono a non pagare più le rate dei mutui sulle case, le rate dei finanziamenti contratti per comprare le auto, mentre i conti correnti su cui erano appoggiate le carte di credito andavano in scoperto. Tutto saltò in aria per questi debiti insostenibili. La recessione degli anni successivi al 2008 aveva ridotto la domanda interna americana e le importazioni dall'estero, facendo aumentare il risparmio delle famiglie e riducendo il livello dei loro debiti.

Ora, però, si sta ritornando ai livelli pre-crisi.

Il deficit commerciale degli USA verso la Cina è ancora in crescita, nonostante i dazi imposti ormai da un anno: si è passati dai 347 miliardi di dollari del 2016 ai 376 miliardi del 2017 ai 420 miliardi del 2018. Da solo, il disavanzo commerciale con la Cina, vale oltre l'80% di quello complessivo americano. Nel periodo 2008-2018 il disavanzo commerciale che gli USA hanno accumulato nei confronti della Cina è stato di 3.551 miliardi di dollari.

La Cina, che è il principale esportatore verso gli USA, ha poi smesso di comprare titoli di Stato americani scendendo dai 1.191 miliardi di giugno 2018 ai 1.120 miliardi di marzo scorso. Fino al 2017, invece, reinvestiva continuamente i dollari ricevuti come pagamento delle sue merci. Ora ha deciso di impiegare diversamente il surplus, anche con investimenti lungo la Nuova Via della Seta.

Il Giappone, che invece sta tenendo fede all'impegno di non aumentare il suo saldo commerciale attivo verso gli USA, ormai fermo da tre anni attorno ai 68-69 miliardi di dollari, continua invece ad acquistare titoli americani, passando da una detenzione di Treasury di 1.032 miliardi di dollari del giugno 2018 ai 1.078 miliardi del marzo scorso. Il Giappone finanzia ancora il debito americano, aumentando la sua posizione creditoria.

La Germania continua ad accumulare avanzi commerciali con gli USA, passando dai 63 miliardi di dollari del 2017 ai 68 miliardi dell'anno scorso. Nel periodo 2008-2018 ha accumulato un attivo di 628 miliardi di dollari.

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