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Guaio grosso a Francoforte

L'attacco di Trump a Draghi mette sotto accusa le politiche europee

Era una riunione come tante altre, quella di ieri l'altro a Coimbra, città portoghese famosa per la sua antica università, cui ha partecipato il Governatore della BCE Mario Draghi. Riferendosi alle prospettive della politica monetaria della BCE, Draghi non ha escluso che, se dovessero peggiorare le prospettive in ordine alla inflazione, non è da escludere una riduzione dei tassi di interessi sull'euro e una ripresa degli stimoli monetari. In ogni caso, ha aggiunto, anche la politica di bilancio degli Stati dell'Eurozona, sottintendendo quelli che hanno condizioni di pareggio o di avanzo, deve fare la sua parte. Sembrava un richiamo, neppure tanto velato, alla posizione della Germania, sempre restia ad allargare i cordoni della borsa.

Draghi non aveva neppure aveva finito di parlare, che sui mercati valutari il vento è girato velocemente: la moneta europea ha cominciato ad indebolirsi rispetto al dollaro. D'altra parte, è prassi, ormai: i Governatori delle Banche centrali annunciano ai mercati le loro intenzioni, o quanto meno le loro preoccupazioni, in maniera tale da orientare subito le attese degli operatori. In questo modo, quando le decisioni divengono operative, già ne sono stati scontati gli effetti. Molti anni fa, invece, le riunione delle Banche centrali erano circondate da grande riservatezza, e si annunciavano le decisioni senza alcun preavviso: i mercati reagivano, talora scompostamente. Per evitare questi contraccolpi, ora va di moda la prassi di preparare tempestivamente gli operatori, con la "forward guidance".

La reazione durissima di Donald Trump, con il solito tweet, non si è fatta attendere. Draghi ha preannunciato una prospettiva di politica monetaria che avvantaggerebbe impropriamente l'Eurozona: la svalutazione dell'euro avvantaggia in modo scorretto le esportazioni verso gli Usa, ed è dunque fortemente lesiva degli interessi commerciali americani. In una nota di risposta, Draghi ha precisato che l'obiettivo della BCE non è assolutamente quello di svalutare l'euro, e che le sue decisioni perseguono unicamente la prescrizione dello Statuto, che fa obbligo alla BCE di mantenere la stabilità monetaria, quella che si ottiene quando l'inflazione annua è vicina, ma non superiore, al 2%.
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