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Banche: profitti e tassi

Se i depositi non rendono a sufficienza, vengono ritirati

Stando ai principi, l'aumento dei tassi di interesse ha un duplice effetto su comportamenti degli agenti economici:

  • rendendo più caro l'indebitamento, riduce la richiesta di nuovi prestiti e fa più costoso quello in essere a tassi variabili. La dinamica economica si raffredda e così l'inflazione, anche se derivante dai maggiori costi delle importazioni;
  • rendendo più redditizi i depositi bancari ed i rendimenti offerti dai nuovi titoli di debito che vengono emessi, aumenta la propensione al risparmio ed all'investimento, limitando la tendenza ad accelerare i consumi per evitare la erosione del valore reale del denaro accumulato. Anche per questa via, si riduce la dinamica economica e la pressione della inflazione.

Da un anno a questa parte, per contrastare l'inflazione, la Bce ha aumentato il tasso di riferimento ed ha azzerato la immissione di nuova liquidità, imitando la Fed statunitense che aveva iniziato ben prima: dacché era pari allo 0% nel marzo 2022, a marzo scorso è arrivato al 3,5%.

Sul versante dei titoli di Stato, la reazione è stata immediata: per quelli italiani, il rendimento lordo dei titoli a medio-lungo termine, i BTP, è passato dallo 0,76% del marzo 2021 all'1,50% del marzo 2022 al 3,77% del febbraio scorso.

Non è accaduto lo stesso per i tassi di interesse sui depositi bancari: dallo 0,33% del marzo 2021 erano scesi allo 0,32% nel marzo 2022 per salire allo 0,61% nel febbraio scorso (+0,29%). I tassi medi di interesse sui crediti bancari sono cresciuti invece assai velocemente, passando dal 2,14% del marzo 2022 al 3,81% del marzo scorso (+1,67%).

Il differenziale tra i tassi attivi e passivi è dunque migliorato vistosamente a favore delle banche, passando in un anno dall'1,25% al 3,01%. Ciò ha determinato un aumento consistente dei profitti.
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