(Teleborsa) -
L'economia "non osservata" risultante dalla sommatoria di attività "sommerse" ed illegali
incide sui conti nazionali per circa 210 miliardi di euro, pari al
12,4% del PIL. Le stime, rivelate da un
report ISTAT relativo all'anno 2016, tengono conto sia del valore aggiunto generato dall'
economia sommersa, ossia l'insieme delle attività economiche non regolarmente tassate, sia dei
proventi connessi alle attività illegali. Tuttavia, c'è una tendenza alla
diminuzione dell'incidenza dell'economia illegale sul PIL: dopo il picco registrato nel 2014, negli ultimi due anni viene riscontrato un
calo complessivo dello 0,7%. L'Italia rimane però indietro rispetto alle altre realtà di Eurolandia, specialmente in virtù della forte circolazione di
contanti, che favorisce
riciclaggio e
lavoro nero.
E proprio il
lavoro irregolare (il sommerso) rientra fra le componenti dell'economia non osservata che più pesano sul PIL, incidendo per il
37,2% sul prodotto nazionale ed occupando
oltre 3 milioni e mezzo di lavoratori. Il primato spetta però alla
sotto-dichiarazione dei redditi, che
pesa per il 45,5% del valore aggiunto ed è diffusa principalmente nel settore dei servizi professionali.
Per quanto concerne invece le
attività illegali, queste generano
indotti per oltre 18 miliardi di euro l'anno. In controtendenza rispetto al calo complessivo,
il business relativo ad attività quali
traffico di stupefacenti o prostituzione aumenta di circa un miliardo rispetto all'anno precedente.