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Euro-exit: esistono protocolli segreti?

Fantafinanza: che cosa si spiegherebbe se l’uscita dell’Italia dall’euro fosse già stata prevista dal Trattato di Maastricht

La opposizione netta, ferrea, intransigente del Presidente della Repubblica Mattarella alla nomina di Paolo Savona al Ministero dell'economia rappresenta un evento assolutamente straordinario dal punto di vista della prassi costituzionale.

Le ragioni della contrarietà assoluta ed insuperabile sono state spiegate dallo stesso Mattarella: “Ho condiviso e accettato tutte le proposte per i ministri, tranne quella del ministro dell'Economia. La designazione del ministro dell'Economia costituisce sempre un messaggio immediato, di fiducia o di allarme, per gli operatori economici e finanziari. Ho chiesto, per quel ministero, l'indicazione di un autorevole esponente politico della maggioranza, coerente con l'accordo di programma. Un esponente che - al di là della stima e della considerazione per la persona - non sia visto come sostenitore di una linea, più volte manifestata, che potrebbe provocare, probabilmente, o, addirittura, inevitabilmente, la fuoruscita dell'Italia dall'euro”.

Savona è uno stimatissimo professore di politica monetaria, che ha ricoperto incarichi di Ministro del bilancio e poi dell'Industria, che si è formato in Banca d'Italia, e che l'ha lasciata per divenire direttore generale di Confindustria quando Guido Carli ne divenne Presidente. In particolare, lo assistette nel 1991 durante le trattative per la adesione dell'Italia al Trattato di Maastricht. Nel testo, al Capo II del Titolo VI, si stabiliva già il processo di integrazione monetaria, fino alla istituzione della moneta unica. Ci sono criteri ben precisi per il passaggio dei singoli Stati alla moneta unica, rimanendo fermo che quegli Stati che non soddisfano questi criteri sono considerati “membri in deroga”. Altri Stati, come la Gran Bretagna, sono rimasti per propria scelta con la propria valuta. La convergenza verso la moneta unica, poi denominata euro, appare come un processo irreversibile: una volta adottata, non si può tornare alla moneta nazionale.

A questo punto entriamo nel campo della fantapolitica e della fantafinanza.

Ipotizziamo che Guido Carli, che partecipò attivamente alla predisposizione del Trattato di Maastricht, e che era stato sia direttore generale che Governatore della Banca d'Italia, che conosceva meglio di chiunque altro le questioni monetarie e finanziarie italiane, le politiche di cambio della lira e la situazione del debito pubblico essendo a quel tempo Ministro del tesoro, sia riuscito ad ottenere la introduzione di clausole volte a garantire l'Italia di fronte a crisi finanziarie internazionali, oppure a situazioni di collasso dei mercati.

Questi eventi la avrebbero abilitata ad abbandonare la moneta unica per tornare alla lira, ridenominando così anche il debito pubblico. Ciò le avrebbe consentito di svalutare immediatamente, in funzione del nuovo cambio valutario della lira, il valore reale del debito estero dell'Italia. Queste clausole, contenute in Protocolli segreti annessi al Trattato, sarebbero state portate a conoscenza solo dei Ministri del tesoro e dei capi di Stato e di governo dei Paesi aderenti al Trattato.

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