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Presidente della Repubblica: mero esecutore o ruolo attivo?

Nella nostra storia repubblicana non è la prima volta che un Capo dello Stato dice "no" ad una nomina

Politica
Presidente della Repubblica: mero esecutore o ruolo attivo?
(Teleborsa) - "Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei Ministri e, su proposta di questo, i Ministri".

Il "no" del Capo dello Stato Sergio Mattarella alla nomina dell'economista Paolo Savona al ministero del Tesoro ha scosso i già precari equilibri della attuale situazione politica dell'Italia. Già nella serata di ieri 27 maggio, dopo il definitivo naufragio dell'ipotesi di un governo giallo-verde con Giuseppe Conte presidente del Consiglio, da più parti si è parlato di "Messa in Stato d'accusa" per il Presidente Mattarella.

Ma, rileggendo la carta costituzionale, può profilarsi una tale ipotesi? Il Presidente della Repubblica, secondo quanto recita l'art. 92 della Costituzione "nomina il Presidente del Consiglio dei Ministri e, su proposta di questo, i Ministri". Il che non significa necessariamente che debba assumere la figura di mero esecutore materiale della volontà delle forze politiche, considerato anche il ruolo di garante delle Istituzioni riconosciutogli dalla Carta stessa.

E di fatto non è la prima volta che, nella travagliata storia repubblicana del nostro Paese, si verifica una circostanza del genere. Correva il 1994 e dopo la "discesa in campo" e la vittoria alle elezioni, Silvio Berlusconi per il suo primo Governo aveva designato il suo avvocato, Cesare Previti, quale ministro della Giustizia. Per via di un potenziale conflitto di interessi Oscar Luigi Scalfaro, all'epoca al Quirinale, bloccò la nomina di Previti che si accontentò del Ministero della Difesa.

Lo stesso accadde a Roberto Maroni nel secondo Esecutivo presieduto dal Cavaliere. L'ex Governatore della Lombardia era sempre in lizza per il ruolo di Guardasigilli, ma con un procedimento penale a carico per resistenza a pubblico ufficiale. Ed anche in quel caso Carlo Azeglio Ciampi, successore di Scalfaro, pose un veto alla nomina dell'esponente leghista, sostituito dal collega Roberto Castelli.

Dunque non pare sussistere una violazione dell'art. 92 da parte del Capo dello Stato, che ha esercitato (e non per primo) quel margine di discrezionalità tra proposta e nomina che innegabilmente gli è attribuito dalla Carta costituzionale. Il Quirinale ha ritenuto incompatibili le dichiarazioni anti euro di Savona con il delicato Dicastero per il quale era stato nominato, facendo prevalere il timore per le potenziali frizioni che avrebbe potuto generare in ambito europeo.
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