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Per fortuna, il G20 c’è!

Morto il G7, finalmente un format che va al di là dei blocchi

Bisogna dire la verità: il G20 è tutto merito di Silvio Berlusconi, che nel 2009, nell'ambito del G8 de L'Aquila, allargò il formato tradizionale, nonostante l'avviso contrario degli USA.

Nella seconda giornata degli incontri, vennero invitati a partecipare i leader di Brasile, Cina, India, Sud Africa e Messico: un formato G8+5 che, oltre alla Russia che allora faceva parte del G8, includeva così anche gli altri Paesi che avrebbero consolidato il blocco dei BRICS (Brasile, Russia, India, Cine e Sudafrica), aggiungendovi il Messico.

Per la terza giornata furono invitati altri 14 Paesi, in rappresentanza delle altre maggiori economie mondiali, considerando con particolare attenzione la sponda Sud del Mediterraneo: parteciparono infatti Moubarak per l'Egitto, il colonnello Gheddafi per la Libia, ed il Premier Bouteflika per l'Algeria.

Formalmente, però, la prima riunione del G20 fu tenuta a Washington, nel dicembre del 2008: ad indirla era stato il Presidente americano uscente, G.W. Bush, che prese atto davanti al mondo intero della crisi finanziaria gravissima che si era scatenata negli Usa. Un disastro globale dette il via alla prima riunione multilaterale che superava i blocchi da una parte ed il globalismo internazionalista dell'ONU.

Per l'Italia, il Summit del 2009 rappresentò un successo spettacolare: aveva messo insieme mezzo mondo, superando la logica occidentalista del G7 che era stato allargato solo per convenienza alla Russia. Non è un caso, infatti, che a seguito della annessione della Crimea da parte della Russia dopo la crisi in Ucraina, la Russia sia stata esclusa per sanzione politica dal format, che è ritornato al G7.

Ma, dopo la elezione di Donald Trump alla Presidenza americana, già nel G7 di Taormina fu chiaro che non c'era più alcuna unità di intenti: gli Usa avevano altre strategie ed altre priorità. Non solo Trump annunciò il ritiro unilaterale dall'Accordo di Parigi sul clima, ma chiese di sostituire il tradizionale sostegno al "free trade" con quello assai diverso, riferito al "fair trade": il commercio internazionale non deve essere solo libero, ma equo. E l'America, da sempre paladina della liberà dei commerci, si trova a fronteggiare un disavanzo strutturale che, ad avviso di Trump, è frutto di comportamenti restrittivi e distorsivi da parte degli altri partners: esportano a più non posso negli Usa, ma erigono barriere della più diversa natura per proteggere i propri produttori dalla concorrenza statunitense. Un sistema, questo, che Trump vuole sbaraccare, a suon di dazi: non solo la Cina, ma anche la Turchia e l'India sono entrati nel suo mirino.

Ecco perché il G7 è morto:
  • per un verso, infatti, il peso economico dei suoi membri rispetto alla economia mondiale è sempre più scarso;
  • per l'altro, è necessario avere un dialogo diretto tra i principali interlocutori mondiali.

Gli Usa, e non solo loro, hanno bisogno di un tavolo ampio di confronto, politico, economico e finanziario: è indispensabile con la Russia, ed insostituibile con la Cina. Mesi e mesi di trattative diplomatiche hanno bisogno di essere suggellati da un incontro di vertice, per chiudere gli eventuali accordi. E devono essere incontri bilaterali tra i leader, al riparo dagli sguardi indiscreti.

Si attendono novità di rilievo dal Summit del G20 che si va ad aprire in queste ore ad Osaka, in Giappone: nei rapporti commerciali tra Usa e Cina, così come sulle vicende di politica internazionale che riguardano le relazioni russo americane nello scacchiere del Medioriente.

A margine, anche i Paesi aderenti al Gruppo dei BRICS terranno una loro riunione: il mondo è diviso in blocchi, inutile negarlo. Ma è bene che ci siano sedi multilaterali, o multipolari, di incontro. La realtà non si cambia con le parole.

Morto il G7, finalmente un format che va al di là dei blocchi.

Per fortuna, il G20 c'è!
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