(Teleborsa) - Per anni è stata l'unica fabbrica italiana di televisori, ma a poco a poco i colossi asiatici l'hanno schiacciata. Adesso è chiusa, ma il suo fondatore non si arrende e promette di regalarla a chi si impegna di assumere 1.200 operai.
E' la storia triste e commovente, ma anche coraggiosa, di
Carlo Vichi e la "sua"
Mivar, fondata nel 1945 a Milano. Negli anni d'oro contava 900 addetti che fabbricavano (e non "assemblavano") 5.460 televisori al giorno, 1 milione l'anno, si legge su un report di
Repubblica.
A poco a poco la concorrenza giapponese e coreana ha avuto la meglio, e così a dicembre l'impianto di Abbiategrasso ha chiuso i battenti. Peccato, perché Vichi aveva ancora grandi progetti, come dimostrato dalla recente costruzione di una nuova fabbrica, sempre nel comune lombardo. La fabbrica, spiega il fondatore, è perfettamente funzionante. "Insuperabile, qui ci possono lavorare in 1.200, tutto in vista senza ufficetti. Vede com'è luminosa", dice al giornalista e autore dei "Dieci comandamenti" che questa sera su Raitre manderà in onda la storia della Mivar.
Poi, la proposta choc: "Ho un sogno. Poter dire ricominciamo a quanti ho detto: è finita. E per farlo, un'idea c'è.
Se una società di provata serietà accetta di fare televisori in Italia, io gli offro la mia nuova fabbrica, pronta e mai usata, gratis. Non voglio un centesimo. Ma chiedo che assuma mille e duecento italiani, abbiatensi, milanesi. Questo chiedo. Veder sorridere di nuovo la mia gente".
90 anni, vecchia tempra, spirito combattivo. Non si arrende mai, Carlo Vichi.