(Teleborsa) - Il
tasso di occupazione negli Stati Uniti a ottobre ha continuato a salire, con i
payroll non agricoli in aumento di 161.000 unità.
Abbiamo poi visto una sostanziale revisione al rialzo dei numeri per il mese di agosto e quello di settembre. Il tasso di disoccupazione è sceso al 4,9%, ma a farla da padrone sui titoli delle notizie è stato l’
aumento dello 0,4% dei salari mensili, che ha portato l’incremento su base annuale al 2,8%.
Questo dato rappresenta il
ritmo più elevato da giugno 2009 ed è un chiaro segnale che il miglioramento del mercato del lavoro sta iniziando a spingere al rialzo i salari. Data la debolezza della produttività nell'economia, il costo unitario del lavoro aumenterà a un tasso in linea con il target di inflazione della Federal Reserve (2%).
Alla luce degli altri dati (
PIL,
indice PMI, vendite di automobili), che indicano una crescita stabile, e del fatto che molti membri della Fed sono già favorevoli a un aumento dei tassi, "è difficile trovare motivi per i quali la Banca centrale potrebbe evitare una stretta della politica monetaria il 14 dicembre".
Ovviamente, spiega
Keith Wade, Chief Economist & Strategist, Schroders, "c’è il tema delle
elezioni presidenziali".
Il gap tra i due candidati nei sondaggi è drammaticamente sceso e l’esito elettorale potrebbe far deragliare qualsiasi prospettiva di stretta monetaria. "Se Donald Trump dovesse vincere, senza dubbio assisteremmo a un picco di volatilità. Ma bisogna vedere cosa succederà martedì prossimo".