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Italia, Istat: impatto crisi 2020 meno acuto nel Mezzogiorno

Nell'anno della pandemia, il reddito disponibile pro-capite delle famiglie del Mezzogiorno si conferma il più basso, anche se si riduce la distanza con quello del Centro-nord

Economia
Italia, Istat: impatto crisi 2020 meno acuto nel Mezzogiorno
(Teleborsa) - Nel 2020, il PIL in volume è diminuito dell'8,9% rispetto all'anno precedente a livello nazionale, e in particolare del 9,2% nel Nord-est, del 9% nel Nord-ovest, dell'8,9% nel Centro e dell'8,6% nel Mezzogiorno. Lo evidenzia l'Istat nei conti economici territoriali, sottolineando che - grazie a una serie di indicatori - si può affermare che l'impatto della crisi economica pandemica è stato minore nel Sud Italia nel 2020. Alla contrazione dell'attività produttiva si è accompagnato, nel 2020, una riduzione in volume dei consumi finali delle famiglie dell'11,7% a livello nazionale. Anche in questo caso il Nord-est ha mostrato la contrazione più consistente (-12,6%) e il Mezzogiorno quella più contenuta (-10,7%).

I dati a livello regionale

A livello regionale è la Toscana a registrare la contrazione del PIL in volume più marcata, -9,8% rispetto all’anno precedente, seguita da Veneto (-9,7%), Sardegna (-9,6%) e Piemonte (-9,4%). Flessioni superiori alla media nazionale si registrano anche per Liguria, Emilia Romagna (-9,3% per entrambe) e Provincia Autonoma di Bolzano-Bozen (-9%). La riduzione più contenuta è quella del Friuli-Venezia Giulia (-7,5% rispetto al 2019), seguita dalla Provincia Autonoma di Trento (-7,9%). Cali inferiori alla media anche per Abruzzo (-8,1%) e Sicilia (-8,2%); le Marche subiscono una flessione pari a quella media nazionale (-8,9%), mentre in Campania e in Calabria la contrazione del PIL è solo leggermente inferiore (-8,8%).

Quanto alla spesa per consumi delle famiglie, le flessioni più significative si registrano nella Provincia Autonoma di Bolzano-Bozen (-16,7%) e nella Provincia Autonoma di Trento (-15,2%), seguite da Veneto (-12,7), Lombardia (-12,5%), Sardegna (-12,4%) e Toscana (-12,3%). Le contrazioni più contenute si riscontrano invece per Molise (-9,1%) e Liguria (-9,7%), mentre Piemonte, Puglia e Basilicata (-11,4%) e Lazio (-11,6%) fanno registrare un calo leggermente inferiore a quello della media nazionale (-11,7% rispetto al 2019).

I dati pro-capite

Con 34,1 mila euro nel 2020 (37mila nel 2019) il Nord-ovest resta l'area geografica con il PIL per abitante più elevato (misurato in termini nominali). Seguono il Nord-est, con 33 mila euro (35,8 mila euro nel 2019) e il Centro, con 30,4 mila euro (32,9 mila euro l'anno precedente). Il Mezzogiorno si conferma ultimo con 18,3 mila euro, ma riduce le distanze con il Centro-nord: la differenza infatti scende dai 15,8 mila euro per abitante del 2019 ai 14,4 mila del 2020.

Nel 2020 in Italia la spesa per consumi finali delle famiglie per abitante, valutata a prezzi correnti, è stata di 16,1 mila euro. I valori più elevati di spesa pro capite si registrano nel Nord-ovest (18,4 mila euro) e nel Nord-est (18 mila euro); il Mezzogiorno si conferma, invece, l'area in cui il livello di spesa è più basso (12,7 mila euro).

L'economia non osservata

Nel 2019, ultimo anno per cui sono disponibili le informazioni, l'economia non osservata (somma della componente sommersa e di quella illegale) ha rappresentato in Italia il 12,6% del valore aggiunto totale (l'incidenza sul PIL è pari all’11,3%): le componenti più rilevanti sono state la rivalutazione della sotto-dichiarazione dei risultati economici delle imprese (5,6%) e l'impiego di lavoro irregolare (4,8%). L'economia illegale e le altre componenti minori (mance, fitti in nero e integrazione domanda-offerta) hanno inciso per il restante 2,2%.

L'economia non osservata ha un peso molto alto nel Mezzogiorno, dove rappresenta il 18,2% del complesso del valore aggiunto, seguita dal Centro (13,2%). Sensibilmente più contenuta, e inferiore alla media nazionale, è l'incidenza nel Nord-est (10,5%) e nel Nord-ovest (10%).

Le province con valore aggiunto più alto

Nel 2019 è ancora Milano la provincia con il valore aggiunto per abitante più elevato, pari a 49,7 mila euro, quasi il doppio della media nazionale (26,7mila euro). Seguono la Provincia Autonoma di Bolzano-Bozen, con oltre 43 mila euro, e Firenze, con 38,1 mila euro. Con 13,9 mila euro, Agrigento e Caltanissetta hanno il valore aggiunto per abitante più basso; in posizione solo marginalmente migliore si trovano Cosenza, Sud Sardegna e Enna, con 14,2 mila euro.

Dal punto di vista dell'importanza dei segmenti produttivi, il contributo maggiore in termini assoluti è fornito quasi ovunque dai Servizi alle imprese, finanziari e immobiliari (che a livello nazionale pesano per il 28,1%), con 18,8 mila euro per abitante a Milano e 11,2 mila a Roma; il valore aggiunto per abitante del settore è invece il più basso a Crotone e Sud Sardegna (3,3 mila euro). Anche l'apporto dei Servizi del commercio, ristorazione e trasporti e telecomunicazioni è più elevato nella provincia di Milano (15,7 mila euro per abitante); seguono Bolzano-Bozen con 12,6 mila euro, Firenze con 12 mila euro e Roma con 10,4 mila euro per abitante. Il valore più basso si registra a Enna e Caltanissetta, con meno di 3 mila euro per abitante.

Il peso dell'Industria è particolarmente rilevante in molte province del Nord-est, in particolare in quelle di Vicenza (12,7 mila euro), Modena (12 mila), e Reggio nell'Emilia (11,5 mila). Il valore aggiunto pro capite dell'Industria è, invece, pari a 900 euro a Reggio Calabria. Il valore aggiunto per abitante del settore delle Costruzioni supera i 2 mila euro solo a Bolzano-Bozen. Ad Agrigento corrisponde il valore pro capite più basso, pari a 500 euro. Infine, l'Agricoltura fornisce il contributo più significativo nelle province di Bolzano-Bozen e Pistoia (con circa 2 mila euro di valore aggiunto per abitante) e in quelle di Crotone e Mantova (1,7 mila euro).
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