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Acqua, Istat: più della metà dei Comuni italiani registra perdite nella distribuzione superiori al 35%

Economia
Acqua, Istat: più della metà dei Comuni italiani registra perdite nella distribuzione superiori al 35%
(Teleborsa) - Più della metà dei comuni italiani (57,3%) ha perdite idriche totali in distribuzione uguali o superiori al 35% dei volumi immessi in rete. Perdite ingenti, pari ad almeno il 55%, interessano il 25,5% dei comuni. In meno di un comune su quattro (23,8%) le perdite sono inferiori al 25%. È quanto emerge da un report Istat sui numeri del sistema idrico italiano. Per la Giornata mondiale dell’acqua, ricorrenza istituita dalle Nazioni Unite nel 1992 e celebrata ogni anno il 22 marzo, l’Istituto di statistica ha pubblicato il focus tematico di seguito presentato che fornisce una lettura delle statistiche sulle acque con riferimento ai diversi aspetti legati al territorio e alla popolazione, integrando i risultati provenienti da diverse indagini, elaborazioni e analisi prodotte dall’Istituto.

Il distretto del Fiume Po si contraddistingue per la maggiore quota di comuni con perdite contenute (il 54,5% ha perdite inferiori al 35%) e per la minore con perdite molto alte (12,4% ha perdite uguali o superiori al 55%). Di contro, perdite uguali o superiori al 45% si registrano in più della metà dei comuni dei distretti Appennino centrale, Appennino meridionale (che detiene la quota più alta, 41,6%, di comuni con perdite pari ad almeno il 55,0%) e Sardegna. Nei 109 comuni capoluogo di provincia/città metropolitana, dove i gestori spesso concentrano maggiori investimenti e migliori monitoraggi, la situazione infrastrutturale è nel complesso migliore: 36,2% di perdite totali in distribuzione (sei punti percentuali meno del dato nazionale e circa un punto in meno rispetto al dato registrato nel 2018).

In 14 regioni e province autonome su 21 e in cinque distretti idrografici su sette aumentano le perdite idriche totali in distribuzione, con gli incrementi maggiori in Basilicata, Molise e Abruzzo. Occorre considerare che le variazioni rilevate possono dipendere non solo dalla ancora inefficiente manutenzione delle reti, ma anche da variazioni nelle modalità di calcolo dei volumi consumati ma non misurati al contatore, dalla crescente diffusione di strumenti di misura, che sono più efficaci nell’evidenziare le situazioni critiche, da situazioni contingenti e cambiamenti gestionali che possono modificare il sistema di contabilizzazione dei volumi.

Nel 2021, 15 comuni capoluogo di provincia/città metropolitana hanno attuato misure di razionamento nella distribuzione dell’acqua potabile, segnando un incremento rispetto al 2020 (+4 comuni). Non più esclusiva prerogativa dei capoluoghi del Mezzogiorno, il razionamento coinvolge anche un capoluogo del Nord (non accadeva dal 2010), Verona, e uno del Centro (dal 2018), Prato. In questi capoluoghi, nei mesi estivi, le amministrazioni hanno disposto azioni di riduzione dell’erogazione idrica.

L’adozione di misure restrittive nell’erogazione idrica è legata alla obsolescenza dell’infrastruttura, soprattutto nel Mezzogiorno, a problemi di qualità dell’acqua per il consumo umano e ai sempre più frequenti episodi di riduzione della portata delle fonti di approvvigionamento, a causa del cambiamento climatico, che rendono insufficiente la disponibilità della risorsa idrica in alcune aree del territorio.

Dal rapporto è emerso che le famiglie che dichiarano di non fidarsi a bere l'acqua di rubinetto nel 2022 sono il 29,4%. Il dato si presenta stabile rispetto al 2021, pur nel contesto di una progressiva riduzione delle preoccupazioni rispetto a venti anni fa (40,1% nel 2002). Permangono comunque notevoli differenze sul piano territoriale: si passa dal 17,3% nel Nord-est al 58,3% nelle Isole: a livello regionale, le percentuali più alte si riscontrano in Sicilia (61,7%), in Calabria (51,1%) e in Sardegna (48,6%).





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